La riforma della giustizia beffa i truffati delle auto

Caso Antonini, le nuove norme impongono la querela delle presunte vittime. Slitta ad aprile la speranza di risarcimento per i mezzi pagati e mai consegnati

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di Stefania Totaro

La riforma Cartabia sulla giustizia allunga di altri tre mesi la chimera del risarcimento dei danno alle presunte vittime della truffa delle vetture vendute nel 2017 ma mai consegnate ai clienti e finite nell’inchiesta che ha visto al centro l’autosalone Antonini di Varedo. Lo scorso novembre era prevista la sentenza del processo abbreviato al Tribunale di Monza dopo che la Procura ha chiesto per associazione a delinquere finalizzata alla truffa aggravata 7 anni di reclusione (in continuazione con la precedente condanna di 3 anni per bancarotta fraudolenta) per i fratelli Giuseppe e Mauro Antonini ritenuti gli amministratori di fatto, 3 anni per l’amministratore di diritto Giancarlo Capoccia (che deve inoltre rispondere a sua volta di bancarotta fraudolenta in concorso) e 2 anni per la moglie di uno degli Antonini accusata di riciclaggio di denaro di presunta provenienza illecita. Per la stessa accusa di truffa 5 venditori di auto sono stati già rinviati a giudizio dalla giudice e saranno processati il 17 marzo. L’udienza era slittata a ieri perché a fine anno doveva entrare in vigore la riforma Cartabia che prevede sempre la necessità della querela della presunta vittima di truffa anche se il reato è aggravato, come in questo caso, dal danno di rilevante gravità, per cui invece si procedeva anche senza querela. Il problema per l’ottantina di clienti tra parti offese e parti civili è che con la riforma alcune querele potrebbero risultare incomplete o presentate tardivamente alleggerendo così l’accusa e impedendo alcuni risarcimenti dei danni.

Per permettere, come previsto dalla riforma Cartabia, di ‘sistemare’ la propria querela, ieri l’udienza è stata nuovamente rinviata a metà aprile. Ma alcuni clienti aspettano giustizia già da 6 anni. Le indagini delle Fiamme gialle della Compagnia di Seveso sono infatti iniziate alla fine del 2017 a seguito del fallimento della “World car srl“, che era nata sulle ceneri della storica società “Autosalone Antonini“. Secondo l’accusa di truffa, le auto venivano messe in vendita a prezzi di mercato. Ma agli acquirenti veniva proposto di applicare adesivi pubblicitari sulle vetture per avere un rimborso allettante. Ai clienti però non sarebbero arrivati alla fine né l’auto, né il rimborso né tantomeno le somme pagate. Fino all’epilogo del fallimento. I due fratelli erano stati arrestati nel 2019 per bancarotta fraudolenta. Secondo l’accusa, come amministratori di fatto della concessionaria di auto plurimarca in via Genova, hanno trasferito l’intera azienda alla nuova società, in cui sono confluite anche somme di denaro pari a circa un milione di euro.