DARIO CRIPPA
Cronaca

La chiesa perduta. Era la più antica e amata ma venne abbattuta per farci una strada

Intitolata a San Michele Arcangelo, il Comune ne decretò la fine nel 1921 . Traccia dei suoi affreschi è ancora conservata nel museo del Duomo. Dal 2004 una statua alta 4 metri ne ricorda ancora oggi l’esistenza.

Intitolata a San Michele Arcangelo, il Comune ne decretò la fine nel 1921 . Traccia dei suoi affreschi è ancora conservata nel museo del Duomo. Dal 2004 una statua alta 4 metri ne ricorda ancora oggi l’esistenza.

Intitolata a San Michele Arcangelo, il Comune ne decretò la fine nel 1921 . Traccia dei suoi affreschi è ancora conservata nel museo del Duomo. Dal 2004 una statua alta 4 metri ne ricorda ancora oggi l’esistenza.

Mani provvidenziali staccarono quell’affresco dal muro prima che facesse la fine della chiesa in cui era contenuto, demolita da capo a piedi. Oggi è ancora possibile ammirarlo all’interno del Museo del Duomo, mentre un dipinto che lo raffigura campeggia tuttora alle spalle dell’arciprete di Monza, nella Canonica del Duomo, a testimonianza di quello che fu e che ormai non è più.

Se tutti conoscono la Basilica di San Giovanni (o Duomo) come la chiesa più antica di Monza, è bene ricordare che appena dopo di esso la palma spetta a un luogo che ormai non c’è più: la chiesa di San Michele Arcangelo. Realizzata secondo la tradizione in piena epoca longobarda, nel 628 dopo Cristo (sebbene la prima certezza della sua esistenza si ritrovi soltanto in un documento del 903), sorgeva dove oggi corre la via Francesco Crispi, sempre nel cuore del centro storico, e dove ancora faceva bella mostra di sé fino al 1921.

Fu agli albori del secolo scorso, che l’allora giunta socialista alla guida della città (il Fascismo era prossimo a venire) decise di farla abbattere, assieme al convento degli Umiliati di Sant’Agata, per ricavare lo spazio necessario a farci passare una nuova strada che venne intitolata all’eroe del Risorgimento Francesco Crispi, ideatore della spedizione dei Mille, feroce anticlericale e primo presidente del Consiglio di origine meridionale del Regno d’Italia. Una scelta dettata all’epoca soprattutto dall’esigenza di consentire un riassetto urbanistico del centro cittadino e l’allargamento di piazza Carducci con l’edificazione della sede dell’allora Banco Ambrosiano.

Aspetto peculiare di quest’antica chiesa è che fu anche lei sede di incoronazioni di sovrani come fu sin dalle sue origini e sarebbe stato a lungo il Duomo di Monza. Relativamente alla chiesa di San Michele Arcangelo, stiamo parlando di quanto avvenne nel 1128, quando Corrado III Hohenstaufen di Svevia venne qui incoronato re d’Italia dall’arcivescovo di Milano Anselmo V di Pusterla, che peraltro avrebbe pagato questa scelta con la scomunica (il re legittimo designato era infatti Lotario II, ma questa è un’altra storia).

Tornando alla chiesa perduta, sappiamo che era piccola e a navata unica e che era molto venerata dai Monzesi. E sappiamo anche che era gestita dagli Umiliati, un ordine religioso che all’epoca aveva grande importanza in città e di cui esistono ancora diverse tracce disseminate per Monza. Sappiamo anche che probabilmente agli inizi del XIV secolo quella chiesa venne decorata da un ciclo di affreschi di cui sono rimaste appunto poche tracce. Sembra che l’autore del ciclo di affreschi, dedicato alla Vergine, fosse un pittore riminese, e che la data della loro realizzazione sarebbe da collocarsi nel 1320. Di questa magnifica opera restano oggi soltanto due scene. La prima, una Dormitio Virginis, si può ammirare ora nella chiesa di Santa Maria degli Angeli, in via Zucchi. L’altra, di grandi dimensioni e nota come Messa di San Michele, è invece collocata nel Museo del Duomo.

Un affresco molto grande, tanto da coprire in origine l’intera parete laterale della chiesa e che rappresenta una messa a cui stanno assistendo il Cristo Redentore e la Vergine oltre a diversi santi fra cui l’arcangelo Michele, ma anche la corte longobarda con la regina Teodolinda, il re Agilulfo e i loro figli. Questa almeno l’interpretazione corrente, anche se ne sono state ipotizzate diverse altre dagli studiosi: una rievocazione dell’apparizione della corte celeste alla consacrazione della grotta di San Michele sul Gargano, il santuario più venerato dai Longobardi? Oppure una raffigurazione della messa di Ognissanti? O ancora semplicemente una messa per i defunti alla presenza dei sovrani longobardi, ispirata a un brano della Legenda Aurea?

Oppure, sempre restando come fonte di ispirazione sullo stesso testo – una raccolta medievale di biografie agiografiche composta in latino dal frate domenicano Jacopo da Varazze – c’è chi ha proposto di vedere nel soggetto dell’affresco un’evocazione dell’ultima messa della Madonna prima della sua morte. Per ricordare l’esistenza della chiesa perduta, nel 2004, in occasione della festa di San Michele (il 29 settembre), una statua dell’angelo è stata collocata in piazza San Paolo, in corrispondenza del luogo in cui sorgeva la chiesa. Una statua di bronzo, opera dello scultore Benedetto Pietrogrande, alta quasi quattro metri, che riprende l’iconografia dell’affresco, nel quale il santo non brandisce la spada ma tiene in mano uno scettro coronato da un fiore di giglio.

Una scelta, quella di rinunciare all’immagine guerriera del santo, che all’epoca della sua collocazione suscitò un vespaio politico in città, con la Lega che si scagliò contro l’allora sindaco di centrosinistra Michele Faglia tacciandolo di aver snaturato la realtà in nome del “pacifismo” facendogli “rinfoderare” quella spada che di norma accompagnava la sua immagine. Di norma però, ma non sempre. Anche questa, tuttavia, è un’altra storia. Piace solo ricordare che il telo che copriva la statua prima dell’inaugurazione era stato stato disegnato dal noto stilista monzese Lorenzo Riva.