Isabella, 50 volte azzurra: "Ogni volta un’emozione"

Locatelli, 29 anni, cresciuta a Caponago, terza linea dell’Italia al femminile ricorda i valori fondanti: "Lealtà e rispetto. Arbitro e avversari sono sacri".

Isabella, 50 volte azzurra: "Ogni volta un’emozione"

Isabella, 50 volte azzurra: "Ogni volta un’emozione"

"Se tornassi indietro, comincerei prima". I ricci biondi le incorniciano il viso e un sorriso che non si spegne mai racconta quanto è solare, in lei gentilezza e determinazione convivono perfettamente. Isabella Locatelli, 29 anni, cresciuta a Caponago, terza linea della Nazionale femminile di rugby, è una brianzola che di strada ne ha macinata parecchia.

Oggi, a Parigi, scenderà in campo da titolare al Sei Nazioni che sta disputando in maglia azzurra. E al prossimo appuntamento con la Scozia festeggerà le 50 presenze con l’Italia. "Sempre che parta in formazione", aggiunge con un’umiltà che non può lasciare indifferenti. "Ogni volta è un’emozione indescrivibile. Quando parte l’inno di Mameli non riesco a trattenermi: le lacrime arrivano".

Semplice e autentica, è così la star della palla ovale con una lunga gavetta nel Monza, e tre anni fa il salto nelle Furie Rosse a Colorno. "Una società che investe molto sul settore femminile – racconta la campionessa – per le donne non è facile. Noi, a differenza dei colleghi professionisti, dobbiamo continuare a lavorare. Loro, no". Ma è talmente innamorata del suo rugby che non le pesano i sacrifici e in fondo neanche il gender gap che nello sport forse è anche più forte che in altri campi. "Di strada da fare noi ragazze ne abbiamo parecchia davanti", dice.

Lo sa, ma non si scoraggia anche grazie ai suoi idoli: David Pocock, leggenda australiana che si è ritirato e oggi è senatore, e suo nonno, Angelo Buzzini, "il mio primo, insostituibile, tifoso". Tra le attività alle quali si dedica fuori dal campo "c’è quella di trasmettere la passione alle bambine, a scuola".

È così che ha cominciato lei. "Avevo 16 anni". Un interesse diventato molto di più che la famiglia ha incoraggiato: "Anche all’inizio, quando facevo su e giù da Colorno in macchina quattro volte a settimana, fra partite e allenamenti. Alla fine ho scelto di trasferirmi".

Un’altra svolta "tutt’altro che semplice", l’ennesima lezione imparata in tanti anni sul campo: "Il rugby è divertimento, impegno, resilienza, disciplina, ha un impatto sulla vita con i suoi valori: avversari e arbitri sono sacri. Insegna il rispetto dell’altro. Alla fine di ogni partita c’è il terzo tempo, una cena condivisa in cui le due squadre che si sono affrontate, si mescolano".

Un modello che in tempi così difficili viene voglia di esportare.