
Un sabba
Monza, 23 dicembre 2018 - La notte è buia, senza stelle, nera come la pece. Tre uomini intabarrati - nonostante il caldo - si fanno strada tra fronde e cespugli. Con loro c’è anche una piccola scorta. In testa al piccolo corteo c’è un religioso, i lembi di tonaca che sbucano da sotto il suo mantello rivelano che si tratta di un frate domenicano. Con lui ci sono due ufficiali: un podestà e un notaio. E i loro servitori. Camminano piano, attenti a non fare rumore. Finché non odono come una litania e tra i rami non vedono finalmente qualcosa. Fuoco. E ombre scure, tante. E una che si staglia sopra alle altre. Chi è? O meglio forse sarebbe dire cos’è questa cosa che si erge davanti ai loro occhi spauriti? Un caprone, un mostro, il Diavolo in persona. Così almeno pensano loro. Anche se non fanno in tempo a pronunciare una sola parola che sulle loro teste iniziano a piovere le bastonate. Tante. Da ammazzare. È l’anno 1450.
Facciamo però un passo indietro. Nel Dodicesimo secolo la Brianza e in particolare il piccolo borgo di Concorezzo erano il centro più importante in Europa per chi praticava l’eresia catara. Un’eresia che per qualche tempo mise a dura prova la Chiesa cattolica, con la sua pretesa di predicare un ritorno alla purezza, a ideali come la povertà e la separazione fra spirito e materia. Il Catarismo verrà alla fine sconfitto, ma per averne ragione la Santa Inquisizione dovette ricorrere alla forza, a processi e condanne, e a un apparato propagandistico che portò a screditare con ogni mezzo quell’ideologia così scomoda. Non a caso un’opinione assai diffusa nel Medioevo faceva addirittura derivare la denominazione di Catari, i “Perfetti”, dal termine “Cato”, e cioè dal nome di un essere misterioso, personificazione del demonio, che sarebbe apparso nelle riunioni dei membri di quella setta e al quale i suoi fedeli, in segno di adorazione, avrebbero addirittura dovuto baciare il deretano. A questo contesto rimanda l’episodio accaduto nel 1450, che vide anche un brianzolo, il podestà di Concorezzo, fra i testimoni di un terrificante sabba che si chiuse con una strage. Di certo il Catarismo era allora ormai ufficialmente scomparso, anche se resistevano ancora alcune sacche, senza più una guida ufficiale, annebbiate dalle superstizioni e dall’obbligo di mantenere la massima segretezza per sfuggire alla repressione della Santa Inquisizione. E, come spesso accade in situazioni simili, a detta degli inquisitori il Diavolo era in agguato, pronto a carpire nuove anime da corrompere. E perché i suoi malevoli propositi potessero compiersi, sempre secondo gli inquisitori c’era anche un luogo di incontro davvero sinistro e molto, molto particolare: il sabba.
“Assemblea notturna di stregoni presieduta dal Diavolo in persona, vero imperatore della notte – scrive nel 1939 Carlo Reviglio della Veneria ne "L’inquisizione medioevale ed il processo inquisitorio" - trae le sue origini da antiche feste pagane che, dopo l’arrivo del cristianesimo, continuarono a essere celebrate di nascosto per propiziarsi le divinità messe in disparte e detronizzate dal nuovo dio”. E proprio Reviglio della Veneria sostiene che sia esistito a un certo punto davvero un culto satanico come degenerazione di cerimonie e assemblee occulte di Catari. Assemblee nelle quali gli inquisiti raccontavano addirittura - potere della tortura - di volare a cavalcioni di una scopa o di un bastone o di animali che altro non erano che incarnazioni dello stesso diavolo, pronto a fornire loro le ricette di unguenti e pozioni diaboliche da assumere per meglio celebrare i suoi riti, probabilmente narcotici o stupefacenti che provvedevano a procurare visioni terrificanti e allucinazioni collettive in mezzo a gozzoviglie, danze, banchetti notturni. O forse si trattava più probabilmente soltanto di una fantasia popolare, alimentata dalla religione ufficiale per rendere ancora più indigesta e deplorevole ogni deviazione dall’ortodossia.
Curioso comunque l’episodio narrato dallo studioso e che sarebbe avvenuto appunto nel 1450, quando frà Bartolomeo, inquisitore a Como, in compagnia del podestà Lorenzo di Concorezzo, di un notaio e di vari famigli, si recò di notte, guidato da una strega, a Mendrisio, nel vicino Canton Ticino, in Svizzera. Qui l’inquisitore ebbe modo di assistere per intero a tutta la cerimonia di un sabba, presieduta ovviamente dal Diavolo in persona. Per sua natura, il demonio non era però soggetto tanto facile da prendere per il naso e, avvedutosi della presenza di estranei che spiavano i suoi riti, spedì contro di loro alcuni accoliti che ripagarono gli intrusi della loro curiosità con una solenne bastonatura tanto che quasi tutti morirono il giorno dopo. Facile credere che ci si trovi di fronte a una leggenda, abilmente creata per spiegare, senza far perdere credibilità e solennità al Sant’Uffizio, gli effetti di una reale bastonatura rifilata agli “sbirri” dell’Inquisizione, a opera forse di parenti e amici di qualche condannato.