Una manciata di minuti dopo le 7.30. Il lavoro per L.C., 22 anni, è appena iniziato e rischia di concludersi per sempre. Il giovane sta installando un nuovo macchinario in un’azienda di Burago Di Molgora che si occupa di cartotecnica. Ritiene di operare al sicuro, secondo le regole, e pensa che l’alimentazione del quadro elettrico collegato all’attrezzatura su cui interviene sia staccata, come dovrebbe essere per evitare pericoli.
Invece, stando alle prime sommarie informazioni, la corrente industriale entra nel circuito e genera una scossa da 380 volt, che gli attraversa il corpo e lo lascia steso al suolo, in condizioni quasi disperate. In via Galvani 12, dietro uno dei tanti anonimi cancelli della zona industriale alle porte del paese, lì dove la campagna si dissolve nel profilo dei prefabbricati, c’è il capannone della Felice Dania, oltre 80 anni di storia nella produzione scatole. Scatta immediato l’allarme.
Sono istanti di angoscia pura: i colleghi del giovanissimo operaio, giunto in Brianza alle dipendenze della Pentatech di Conselice, nel Ravennate, chiedono immediatamente l’intervento dei soccorsi. Il 118 arriva con un’ambulanza e un’automedica nel reparto dove il ragazzo era impegnato nella posa di un impianto di palletizzazione, destinato all’imballaggio.
Le condizioni del paziente appaiono a tutti già estremamente critiche e le manovre di stabilizzazione del ventiduenne durano diversi minuti, prima di poter partire verso il San Gerardo di Monza, dove viene ricoverato in Rianimazione, in coma, e in serio pericolo di vita. Pesanti per il suo fisico le conseguenze della folgorazione, avvenuta per cause ancora tutte da chiarire.
Non a caso, dopo l’infortunio che rischia di spezzare l’ennesima vita di un lavoratore, nella sede dell’azienda familiare fondata a Milano nel 1939, arrivano i carabinieri della Compagnia di Vimercate e gli ispettori dell’Ats, che dovranno verificare se le regole di prevenzione fossero rispettate e soprattutto che cosa abbia permesso al dramma di verificarsi.
Sotto la lente, l’alimentazione del circuito su cui il ventiduenne arrivato dalla Romagna stava lavorando, che doveva essere isolata. Come questo non sia avvenuto è ora materia di indagine, all’interno di un’azienda che negli anni è cresciuta molto e con successo. La Felice Dania, terza generazione dopo il fondatore, ha acquisito nel tempo due realtà dello stesso settore aprendo, a poca distanza dalla prima, un’altra sede produttiva.
Nel frattempo al San Gerardo i medici lottano per strappare alla morte il ragazzo, tecnico delle automazioni, diplomato con il massimo dei voti tre anni fa in un istituto della provincia di Ravenna, appassionato di montagna.