DARIO CRIPPA
Cronaca

Il profeta della Danimarca. Astorri, attaccante a Monza trovò fortuna a Copenaghen con l’inserzione su un giornale

Aveva chiuso la sua carriera da giocatore ed era diventato allenatore sulla panchine locali. Dopo Meda e Arcore, vinse due scudetti nella città della Sirenetta e allenò la Nazionale.

Il profeta della Danimarca. Astorri, attaccante a Monza trovò fortuna a Copenaghen con l’inserzione su un giornale

Il profeta della Danimarca. Astorri, attaccante a Monza trovò fortuna a Copenaghen con l’inserzione su un giornale

In Brianza mosse gli ultimi passi della sua carriera calcistica. In Brianza cominciò ad allenare, prima a Meda, poi ad Arcore.

Dalla Brianza dopo un brutto infortunio che all’epoca soprattutto stroncava le carriere, aveva deciso prima di provare ad allenare, poi se n’era partito per la Danimarca, con un sogno in testa… Forse in pochi ricordano un ex calciatore del Monza che, una volta seduto in panchina, sarebbe stato il primo italiano a vincere un campionato all’estero e il primo ad allenare una Nazionale straniera. Prima del Trap o Capello, Mancini o Ancelotti. Si chiamava Mario Astorri (l’ultimo in piedi in fondo a destra) ed era nato nel 1920 a Piacenza anche se era poi cresciuto in Veneto, a Mestre, dove il padre si era trasferito. Agile, scattante, dotato di ottima tecnica e con un caratterino difficile e orgoglioso, aveva cominciato come punta.

Il suo fiuto per il gol e le sue capacità tecniche lo portano presto in Serie A. Alla Juventus, “costringe” di fatto il grande Silvio Piola, il bomber più prolifico della storia del calcio italiano ma ormai sul viale del tramonto, ad arretrare il proprio raggio d’azione a centrocampo come mezzala per lasciargli spazio come centravanti: avrebbe ripagato la fiducia mettendo a segno 17 gol in 23 gare, secondo posto in campionato dietro il Grande Torino. Dalle giovanili spunta però l’astro nascente di Giampiero Boniperti e quando mister Renato Cesarini pensa di spostare Astorri sull’ala per fargli posto, il fumantino Mario si mette di traverso e preferisce abbandonare i bianconeri per accasarsi all’Atalanta. Poi, dopo un girovagare che lo porta a conquistare i cuori dei tifosi del Napoli (dove vince un campionato di serie B), Astorri approda a Monza.

È la stagione 1953-54. Il Monza arriva da cinque stagioni di fila con Annibale Frossi, il dottor Sottile, in panchina e un calcio per palati fini. Siamo in un momento di cambiamento però, il presidente Peppino Borghi lascia a Giovan Battista Pastori, quello della Tessitura Pastori Casanova. Il vecchio “San Gregorio” cambia denominazione e diventa lo Stadio Città di Monza.

La squadra, che era stata rinforzata per provare a correre per la serie A, conta fra i suoi elementi di maggiore spicco proprio Mario Astorri, prelevato dal Napoli. E per la prima metà della stagione le premesse sembrano andare nella direzione giusta: il Monza staziona ai piani alti della classifica, Astorri segna, i gol messi i carniere sono ben sette, tanti per l’epoca, fra cui il primo all’esordio vittorioso a Padova e la rete del pareggio in casa di un Catania che a fine stagione vincerà il campionato. Ma il giocattolo si rompe. Annibale Frossi a novembre se ne va: l’uomo della prima promozione in Serie B del Monza saluta per giocarsi le sue ambizioni in A a Torino. Astorri si fa male. I suoi 7 gol in 19 partite (mezzo campionato) resteranno gli unici in riva al Lambro, il Monza a fine stagione si dovrà accontentare del quarto posto. Astorri abbandona il calcio professionistico, milita un paio di stagioni in Piemonte e a 37 anni decide di appendere gli scarpini al chiodo e provare la carriera da allenatore.

La Brianza gli è rimasta evidentemente nel cuore, dato che l’ex campione guida prima il Meda e poi la Falck Arcore. È il momento di cambiare vita. Ascoltando i consigli del suo ex allenatore a Napoli, il campione del Mondo Eraldo Monzeglio (fra l’altro anche lui ex del Monza da allenatore) si trasferisce in Danimarca. Prova a lanciarsi nel business delle “cartoline che cantano”, ma non sfonda e rimane senza un soldo. Nel frattempo si è sposato con una donna danese da cui avrà due figli. Cosa fare? Il calcio, ancora a livelli pionieristici in Danimarca, continua a essere la passione di Astorri, la cosa che gli riesce meglio. Decide allora di pubblicare su un quotidiano di Copenaghen un annuncio: "Ex calciatore italiano offresi". Si offre come allenatore.

Risponde l’Horsholm, forse il grado zero del calcio. Ma Astorri ci sa fare e lo porta subito in Terza Divisione. È iniziata la sua carriera. Col Koge Bk arriva un’altra promozione, dalla Seconda alla Prima divisione. "Il calcio deve essere un gioco sul serio - spiega -, i miei giocatori devono giocare a calcio, non correre. Ci sono tanti calciatori bravi con la palla. E quando ci sono molti spettatori e qualcosa in palio, diventano ancora più forti". Con l’Akademsk Boldklub arriva lo scudetto. Calcisticamente parlando, nel 1967 Mario Astorri è ormai l’uomo della Danimarca: mai un italiano sino ad allora aveva vinto un campionato estero. Astorri, che per un breve periodo approda anche sulla panchina della Nazionale, si ripeterà nel 1974 alla guida del Kjonenhavs Bolklub conquistando un altro scudetto. Per vent’anni allena e intanto inizia a commercializzare articoli sportivi. Senza dimenticare la sua antica passione: sarà lui a segnalare alla Juventus del suo vecchio compagno di squadra Giampiero Boniperti un ragazzino che sembra promettere davvero bene. Si chiama Michael Laudrup. Mario Astorri morirà a Copenaghen il 3 dicembre 1989.