
Cristiano Dal Sasso, sopravvissuto a un incidente di ritorno da uno scavo, da allora vive senza una gamba
Quel giorno di 30 anni fa faceva caldo. E lui aveva trascorso buona parte della giornata a scavare, alla ricerca dei resti di fossili di un ittiosauro, una specie di rettile marino estinto. Era stanco e, sulla strada del ritorno a casa, fu vittima di uno spaventoso incidente da cui uscì più morto che vivo e senza una gamba. Ma questo non gli ha impedito di diventare oggi uno dei più grandi paleontologi e divulgatori scientifici in Italia. Cristiano Dal Sasso è un sopravvissuto, protagonista di una storia di riscatto straordinaria. Classe 1965, originario di Concorezzo, nome di spicco al Museo di Storia naturale di Milano. "Tutto accadde il 18 giugno di trent’anni fa. Ero stato appena assunto a tempo indeterminato al Museo di Milano". Per coronare il suo sogno aveva dovuto fare molta strada.
"La mia tesi sui mammiferi fossili ritrovati nel bacino del Po fu considerata la migliore dell’anno da parte dell’Associazione Nazionale dei Musei Scientifici, ma vinsi il concorso a Milano entrando dalla porta di servizio come tecnico di laboratorio. A Milano cominciai a lavorare con il grande paleontologo Giovanni Pinna. E iniziai ad allestire il primo laboratorio di fossili attrezzato del Museo". E iniziò anche Lei a scavare. "A Besano, in provincia di Varese, in quello che sarebbe diventato sito Unesco, si lavorava al recupero dei resti di un ittiosauro lungo sei metri con embrioni nella pancia. Ci andavo a scavare volontariamente tutte le domeniche". Il 16 giugno 1995 il giorno fatale.
"Era il primo giorno di vero caldo dell’anno e mi ero alzato presto. Non ero riuscito a dormire bene quella notte ma a 30 anni pensi di essere indistruttibile. Fu un giorno anomalo, scavai tutta la mattina, camminai per ore. Il cielo era grigio per l’afa ed ero stanchissimo. Salii in auto ma a casa non arrivai mai". Un colpo di sonno. "Ero talmente stanco che cominciai ad avere segni che mi stavo appisolando, e allora accesi l’aria condizionata, mi misi gli occhiali da sole per proteggerli dalla luce, mi presi anche a schiaffi sul viso. Ma alla fine mi assopii e piano piano mi ritrovai sulle canaline di scolo a lato della carreggiata dell’autostradasenza che mi accorgessi di nulla. Fra Castellanza e Legnano infilzai un guardrail, la sua lama penetrò nel muso della macchina: quando mi risvegliai, il mio piede destro non c’era più e la coscia era a zig zag, il femore spezzato. Il tappetino era pieno di sangue, ne persi due litri e mezzo".
Come si salvò? "Si fermò una coppia di medici: con una cintura fermarono l’emorragia. I miei angeli custodi. Debbo loro la vita, mi spiace di non essere mai riuscito a rintracciarli per ringraziarli". Poi l’ospedale. "Non persi mai conoscenza, ricordo quando mi fecero firmare la liberatoria per amputare la gamba. Mentre la tagliavano la maglietta che indossavo, presa in Florida, mi accorsi che ritraeva dei piccoli coccodrilli che uscivano dal guscio e la scritta in inglese: “tutto viene rotto per essere”. Sarebbe diventato il mio destino".
Non era finita. "Ebbi un’embolia, rimasi in coma farmacologico per una settimana, intubato sotto curaro per immobilizzare i miei movimenti. Quando mi ridestai, non riuscii nemmeno ad avvisare i medici che ero sveglio. Fu uno dei momenti più angoscianti, ma scoprii anche una forza che non credevo di avere". La sua seconda nascita. "Quando aprii gli occhi e ne vidi il riflesso in quelli dell’infermiera compresi che ero vivo. E quando ricominciai a respirare liberamente fu come stappare una bottiglia di champagne dentro il mio corpo".
La attendeva una lunga convalescenza. "Due mesi in ospedale e 5 a casa, a dicembre fui accettato al Centro protesi Inail di Budrio, dove fecero il calco del moncone della mia gamba e re-imparai a camminare. E feci anche sci di fondo: due chilometri in mezzo al bosco, una rinascita dello spirito". Il suo incidente fu riconosciuto come infortunio sul lavoro. "Riuscii ad avere accesso all’assistenza gratuita e a protesi che altrimenti sarebbero costate fino a diecimila euro, gioielli in vetro-resina e carbonio con cui oggi posso anche andare in acqua e sciare".
Rischiava la depressione. "Mi ha aiutato molto il mio lavoro, la mia passione. I miei primi studi sul Besanosauro li scrissi con carta e penna dalla camera di ospedale. Avevo già avuto modo di vedere Ciro, lo Scipionyx Samniticus e nel 1996 tornai a studiarlo". Sarebbe stato la svolta nella sua carriera. "Era il primo dinosauro italiano. Il lavoro, pur rallentato dall’incidente, nel 1998 ebbe la copertina di Nature".
Diventò un paleontologo di fama internazionale. "Quando andavo al centro protesi, mi chiedevano notizie sui miei lavori, sapevano che la loro gamba mi sarebbe servita per le mie scoperte: era una sfida per tutti". Poi arrivarono altri successi scientifici, il Saltriosauro, Tito, lo Spinosauro, altre pubblicazioni su Nature, Science, National Geographic. "Riuscivo a lavorare e ad arrampicare verso gli scavi, sono stato 14 volte nel deserto del Sahara. Se fossi morto quel giorno o mi fossi lasciato andare non ci sarei mai arrivato. Non dico che non ci sono stati momenti difficili, ma la mia è stata una storia di rinascita, anche Piero Angela se ne interessò. Oggi parlo con serenità di quanto capitato, un’esperienza che si è incorporata nella mia vita. Ogni mattina quando indosso la mia protesi per un attimo non posso che rendermi conto di come sia cambiata la mia vita, ma la tecnologia aiuta e migliora in continuazione".
Cosa direbbe a chi si ritrovasse in situazioni simili? "A volte penso all’ex pilota Alex Zanardi, che si ritrovò senza le gambe dopo un incidente automobilistico. E mi sento un po’ accomunato a lui. All’epoca non avrei scommesso una cicca su di me, ma la forza di sopravvivenza e nel mio caso anche la Fede mi hanno aiutato, non mi sono mai sentito abbandonato, c’è una reazione di contro-choc che fa la differenza, capisci che devi radunare tutte le tue forze. Certo hai paura, piangi, però poi se riesci trasformare il dramma in un’occasione di riscatto, puoi trovare una fiducia che può diventare contagiosa e diventare esempio per gli altri".