DARIO CRIPPA
Cronaca

Il nuovo sogno di Matteo: "Basta con gli chef. Ho deciso di fare il pane"

Dopo dieci anni al lavoro in cucine anche stellate ha rilevato un forno e deciso di svegliarsi tutte le notti per offrire un prodotto fuori moda.

Il nuovo sogno di Matteo: "Basta con gli chef. Ho deciso di fare il pane"

Dopo dieci anni al lavoro in cucine anche stellate ha rilevato un forno e deciso di svegliarsi tutte le notti per offrire un prodotto fuori moda.

Solo materie prime di qualità. La farina migliore, il burro più buono. E la passione per il pane e le cose fatte bene. Solo se si hanno questi ideali e un po’ di coraggio, a 30 anni si può decidere di abbandonare un mestiere già avviato da chef e decidere di mettersi a fare il pane, accettando di svegliarsi tutte le notti all’una e mezza, rinunciare alle serate con gli amici e sfidare la concorrenza spietata dei supermercati per tornare a fare un prodotto artigianale. In un quartiere dove, come in molte grandi città, i panifici stanno chiudendo uno dopo l’altra (tre negli ultimi sei mesi) c’è un ragazzo che ha deciso di andare controcorrente e si lanciare la sua sfida. Si chiama Matteo Levati, tre figlie piccole (l’ultima di neanche un mese di vita), è originario di Biassono e ha deciso di rilevare da qualche giorno il panificio Gro in via Col di Lana, nel cuore della “Zeguina”, al quartiere San Biagio.

Figlio di un rappresentante di commercio e di un’operaia, Matteo aveva deciso di fare altro: dopo aver studiato agli istituti alberghieri Ballerini di Seregno e Olivetti di Monza, ha lavorato per dieci anni da chef. "Ho fatto tante esperienza, dallo stage con lo chef stellato Claudio Sadler a diversi ristoranti che ho contribuito ad avviare, come l’Igea Food Philosophy di Oreno, specializzato in un menu naturalista, dal pesce di lago ai prodotti dei presidi Slow Food in un palazzo del Settecento".

E il pane?

"Era sempre stato una mia passione. In ogni ristorante in cui mi trovavo a lavorare amavo preparare il pane con le mie mani. Finché non mi si è presentata l’occasione di tornare alle origini e aprire per la prima volta un’attività tutta mia, nella mia città".

Non sarà facile

"Il momento economico non è dei più semplici, la concorrenza dei super è durissima e la gente non è più abituata come una volta ad avere sempre il pane in tavola. Io invece voglio riscoprire questo rito. Le persone devono tornare ad apprezzare le cose fatte bene e col sudore della fronte".

Tutto da solo?

"Sì, perché fra i giovani non si trovano più ragazzi disposti a fare questa vita, a lavorare di notte e a rinunciare al ’tutto e subito’. La gente invece dovrebbe tornare ad avere voglia di uscire di casa anche per prendere il pane".

E a casa?

"Ringrazio la mia compagna per il sostegno che mi assicura, lei - che lavora come impiegata – cura la parte commerciale della mia attività e si occupa delle incombenze di casa".

E la michetta?

"Quella purtroppo tende a scomparire, difficile trovare un panettiere che la faccia. Non è più nei gusti dei clienti, non è più di moda, ho smesso anche io di farla. E poi costa molto a livello di lavorazione e rende poco economicamente. Del resto, fare il panettiere non porta soldi, non ci si arricchisce. Eppure, almeno per me, è la cosa più bella che c’è".