
di Alessandro Crisafulli
"...Noi non siamo popolari, la sera siam sempre in quattro, non tocco i vostri affari, già conosco tutto quanto; lo sentivo che non ero uno come tutti quanti, non mento bro’ se dico diventeremo importanti...". Proprio così: in queste poche rime nel suo pezzo “Zone“, Daniel Lo Bue, rapper 18enne di Limbiate, racchiude il suo voler stare alla larga dagli affari non troppo limpidi del quartiere. E distinguersi dalla trap di chi cerca di emergere puntando tutto sul mix di droga, violenza e delinquenza per attirare visualizzazioni. Per lui, in arte Lobbuten, invece, ci sono solo problemi e sogni da raccontare, quelli di un ragazzo timido e sensibile, cresciuto tra i palazzoni degradati della sua città, che ha voglia di comunicare messaggi di speranza. I suoi testi fotografano la fame di rivalsa tipica di chi, arrivando dalla periferia, cerca ogni giorno di lavorare per realizzare i propri desideri ("essere un numero 10", da qui Lobbuten) scegliendo la strada del sacrificio, piuttosto che scorciatoie all’apparenza più semplici ma meno positive.
"Il mio legame con la musica è nato a 4-5 anni – ricorda Daniel, studi da operatore elettrico e un buon talento anche nel calcio –, da subito mi sono avvicinato al rap grazie a mio fratello maggiore Mattia, che me lo ha fatto conoscere e amare". A 11 anni, scocca la scintilla: "Ho iniziato a pensare di volerlo fare anch’io quando ho visto dei ragazzi venuti dal niente fare squadra, dandosi forza a vicenda, senza competizione. Mi impressionò molto vedere che uniti si potesse arrivare a tal punto, tanto da portare la trap ai massimi livelli e arrivare a tutte le nuove generazioni". I primi passi, accompagnati con le cuffiente sempre nelle orecchie ad ascoltare Guè, Marracash, Emis Killa, Lazza, Sfera Ebbasta, Izi e Tedua, "i cantanti che più ammiro e che sono stati fonte d’ispirazione per me". Poi, il via, con “Zanza Acculturato“ (quasi 70mila visualizzazioni tra YouTube e Spotify), seguita da “Zone“ (più di 60mila, senza contare il successo anche su Instagram e Tik Tok) e dalla freschissima “Popo“. "Vendevan la cocò, io ero in studio a fare rap", canta Lobbuten, in una "zone, che non è mai tutta uguale, prima o poi ti insegna a campare, prima o poi ti insegna a scappare".
"Per me Limbiate rappresenta casa – sottolinea – un posto non affascinante per chi lo vede dall’esterno ma che, allo stesso tempo, ti sa mettere a tuo agio". Un ragazzo legato alle sue radici. Con la voglia di raccontarsi, "perché la musica per me è una valvola di sfogo da ciò che mi turba o mi colpisce in positivo o in negativo. Penso che per ogni cosa la vita ti mette di fronte a delle scelte, bisogna solo capire da che parte stare", dice, e lui lo fa quotidianamente. Con un sogno nel cuore da realizzare: "Riempire San Siro".