I popoli della porta accanto Palazzi e scuole multietnici "L’integrazione nel Dna"

La presidente della Consulta: "Fin dagli anni ’60 qui abbiamo fatto i conti con l’immigrazione". Oggi su 10mila abitanti il 20% proviene da altri Paesi, soprattutto India, Africa e Sud America.

I popoli della porta accanto  Palazzi e scuole multietnici  "L’integrazione nel Dna"

I popoli della porta accanto Palazzi e scuole multietnici "L’integrazione nel Dna"

Cederna-Cantalupo, il quartiere dai mille volti. In quella fetta di città tra viale delle Industrie, via Salvadori, via Foscolo, via Ferrari, via Rota e viale Sicilia vivono circa 10mila abitanti, duemila sono stranieri: bengalesi, romeni, egiziani, peruviani, albanesi e poi equadoriani, marocchini, ucraini, ganesi, nigeriani, provenienti dal Mali e dal Gambia. Il quartiere si divide in due parti, con via Correggio che fa da spartiacque. Lato via Cederna, case ristrutturate di prestigio, l’ex cotonificio rinnovato in cui sorgeranno appartamenti e un’area di 1.000 metri quadrati recentemente destinata alla nuova biblioteca. Dall’altro lato, zona Cantalupo. Quella più complessa e difficile. Almeno di fama. "È un quartiere sporco, sopratutto in via Della Robbia, con troppi stranieri che non si sono voluti integrare – dicono i residenti –, assediato dal traffico e dal degrado. In quella zona si concentra la maggioranza degli stranieri che si dividono per etnie anche fra le scuole primarie del territorio. "Io ho mandato i miei figli alla Masih – fa da controcanto Davide Pacetta, papà di 6 figli –, perché credo che il multilinguismo sia un punto di forza per i ragazzi, basta non rinnegare i valori della civiltà occidentale cristiana, peraltro non richiesto dalle altre culture. La scuola è il vero polo di integrazione e ha un potenziale enorme: non perde occasione per promuovere il valore della multiculturalità. Eppure il cammino è ancora lungo. La scuola soffre della precarietà delle insegnanti, chiamate da altre regioni per un anno e che poi chiedono il trasferimento. Vanno educate le famiglie a non considerare la scuola un parcheggio e la cura dei figli non solo “una cosa da donne“, ma è necessario coinvolgere anche i papà nelle attività scolastiche".

Dopo l’orario scolastico si vedono ragazzini soli, in balìa di se stessi fino alla sera, quando i genitori rientrano dal lavoro. Manca un centro di aggregazione diverso dall’oratorio. Oltre la scuola, il nulla. E ai giardini pubblici gli adulti si radunano per comunità: gli africani tra loro, i bengalesi altrove e poi indiani ed egiziani. Ogni comunità fa da sé. "Prima c’erano due bar e una biblioteca che organizzava eventi per i bimbi, ora ci sono tre bar", constata Pacetta. "È tutto vero – riconosce Nadia Patriarca, ex dirigente dell’Ufficio anagrafe, ora presidente di Consulta –. "Sin dagli anni ‘60, con la costruzione delle case Gescal si sono verificate criticità per l’immigrazione dal meridione. Ma l’attenzione si sposta proprio lì. Con il recupero della ex Coop destinata a diventare Casa di comunità, speriamo che ci possa essere un buon presidio sul quartiere. Si spera anche che la ex biblioteca di via Luca della Robbia, che traslocherà nell’ex cotonificio possa avere spazi polifunzionali. Ci vorrebbe una piazza con più iniziative attraverso le quali i ragazzi possano esprimersi".

Per l’integrazione, il quartiere ha fame di spazi aggregativi e culturali e spera che venga ristrutturato al più presto il teatrino. In zona ci sono tante associazioni che potrebbero gestirlo. Per il momento l’oratorio è l’unico centro aggregativo. "Durante la festa di San Francesco – ricorda Patriarca – abbiamo organizzato un pranzo a cui abbiamo invitato le diverse etnie a portare i loro piatti tipici. Quest’anno lo rifaremo, come festa laica e di condivisione, per tutti. Il ruolo della Consulta è seguire e vigilare sulla realizzazione di quanto promesso".

C.B.