
Il consigliere Stefano Tagliabue fra gli ospiti del centro di via Pola a Giussano
Giussano (Monza Brianza), 9 febbraio 2018 - Sono da poco passate le 18.30. buio in via Pola, nella zona industriale a cavallo tra la frazione giussanese di Paina e Verano Brianza. Al primo e secondo piano sopra quello che a pochi anni fa era un locale notturno di successo ora chiuso, ci sono due appartamenti, per un totale di 350 metri quadri, che ospitano 54 profughi. Sono tutti giovani, tra i 20 e 30 anni, di origini africane provenienti da Togo, Mali, Sierra Leone, Guinea, Nigeria e Senegal. A gestire la loro permanenza in Italia è la cooperativa i Girasoli, che la sua sede in viale Isonzo a Milano. Il cancello è aperto e in vialetto d’ingresso è completamente al buio. All’ingresso di casa ci sono decine di biciclette, in uso ai ragazzi ospitati nei due alloggi. Da pochi giorni, lo raccontano gli stessi richiedenti asilo, è arrivata la luce sulle scale per accedere alle rampe di gradini che portano ai due appartamenti.
I muri delle scale sono scrostati, sui pianerottoli sono abbandonati latte di vernice e rifiuti. A fianco alla porta d’ingresso del primo alloggio c’è una cassaforte smurata. Una pesante porta blindata con un cartello indica l’ingresso. C’è un lungo corridoio dove si affacciano diverse stanze: entrando nella prima dove sono alloggiati 6 richiedenti asilo ci sono 3 letti a castello. In un caso una camera di pochi metri ne ospita 5 di letti a castello. Materassi in lana, alcuni con lenzuola, altri solo con le coperte. Le finestre della stanza spesso non si chiudono, fanno entrare acqua e soprattutto freddo. Non ci sono tapparelle e anche le tende non servono per proteggere, né dal sole, né tanto meno riescono a fare buio di notte. I materassi sono vecchi e almeno un paio di occasioni sono tagliati. Anche le doghe sotto sono rotte e i ragazzi che ci dormono hanno dovuto mettere dei cartoni per rattoppare la situazione e riuscire a dormire. La divisione delle stanze è fatta con pannelli di compensato, non con muratura. Ogni piano ha tre bagni, ogni bagno è in uso a 9 persone. I bagni non sono a norma: non ci sono almeno in due casi le finestre e tutte le volte che i ragazzi fanno la doccia si allagano. Anche l’acqua calda, raccontano ancora i richiedenti asilo, non c’è sempre. Anche qui le pareti non sono in muratura ma in pannelli che vicino al lavandino portano i segni della muffa. Quando siamo all’interno a pochi minuti di distanza, salta per due volte la corrente. Pochi minuti al buio, illuminati solo dalle torce dei cellulari, prima di rispristinare il contatore.
L’areazione è insufficiente. L’odore della muffa e soprattutto dell’ultimo pasto cucinato invade l’aria. La situazione è simile in tutte le stanze. Muffa, finestre rotte e un unico armadietto per sei persone dove riporre abiti e scarpe. La situazione più difficile è quelle che riguarda il soggiorno e la cucina. Anche qui le finestre non si chiudono e quando piove si allaga il locale. Quando si entra in cucina, con mobili vecchi e senza stoviglie, sopra il fornello c’è un buco sul soffitto di un metro. I richiedenti asilo raccontano che si è allagato il bagno di sopra è vivono con un buco vista piano di sopra da diverse settimane. Gli chiediamo di mostrarci i piatti e ci fanno vedere una decina di ciotole di alluminio: sembrano quelle dei cani. Anche le posate, sono sconosciute: pochi grossi cucchiaioni con i quali devono fare a turno per mangiare. Aprono il frigo e ci mostrano un pezzo di carne congelata: sembra un ossobuco dall’aspetto ma ci spiegano che si tratta di pollo congelato. È conservato in grossi sacchetti senza etichette o scadenze. Spiegano che lo mangiano una volta ogni due giorni. Anche i biscotti che hanno sul tavolino sono tutti sbriciolati, di pessima qualità e di marche sconosciute.
Nell’appartamento c’è un televisore ma non funziona. Anche il divano è un resto dell’arredamento del locale notturno. C’è un estintore ma nessuno di loro è in grado di azionarlo senza le adeguate spiegazioni. Anche la cassetta medica è vuota: solo un termometro e un flacone di disinfettante. I ragazzi sono soli, nessun educatore, nessun responsabile. Raccontano che hanno il coprifuoco: se non lo rispettano e rientrano dopo le 22.30 gli viene decurtata del 50 per cento la diaria giornaliera, invece di disporre di 2,50 gli danno la metà del denaro che gli spetta, senza sapere dove però finisce quello non distribuito. «Una situazione che mi lascia di stucco - tuona Stefano Tagliabue, capogruppo della Lega Nord a Giussano -. Ogni ragazzo costa alla collettività più di mille euro al mese: sono 60mila euro al mese, più di 700mila euro all’anno e sicuramente non vengono spesi per la loro accoglienza. Così non si può andare avanti. Di certo c'è disparità tra quello che viene dato a queste persone e quello che viene incassato dalle cooperative".