Resta al Tribunale di Monza il processo per il presunto giro milionario di scommesse online clandestine, destinate a giocatori cinesi sparsi in tutto il mondo, gestito da una banda di connazionali che destinavano i proventi a investimenti nel settore della ristorazione in Africa e che non esitavano a servirsi di addetti al recupero crediti all’ombra della mafia cinese.
Ieri si è aperto il dibattimento nei confronti di 8 imputati a vario titolo di associazione a delinquere transnazionale finalizzata al gioco d’azzardo illegale, spaccio di droga e tentata estorsione.
La banda, secondo l’accusa, aveva creato, in un appartamento preso in affitto a Torino dove si trovava il server, una piattaforma informatica di giochi online, tra cui una specie di lotto con numeri estratti a sorte da un sistema automatico chiamato ‘Robot’, che teneva anche la contabilità di vincite e debiti di gioco.
Per questo motivo la difesa degli imputati riteneva che il processo dovesse venire celebrato per competenza al Tribunale di Torino, ma i giudici monzesi hanno ritenuto che la banda agisse già prima dell’attivazione del server. Le indagini dei carabinieri della Compagnia di Monza, coordinate dal pm della Procura monzese Rosario Ferracane, sono infatti nate dalla denuncia presentata nel 2016 da un commerciante cinese di 54 anni stanziato a Monza a cui alcuni connazionali avevano chiesto di pagare 10mila euro, presentandosi nella sede della sua azienda minacciandolo e strattonandolo.
Secondo gli inquirenti, i cinesi della banda che arrivavano in Italia per le ‘riunioni di lavoro’ potevano intrattenersi in camere di albergo già prenotate a Milano e hinterland e rifornite di prostitute, viagra e shaboo, la pericolosissima droga sintetica inventata in Oriente.
Accuse tutte negate dagli imputati, che hanno chiesto di avere la traduzione in cinese delle imputazioni e della trascrizione delle intercettazioni nonchè un interprete per seguire le fasi del dibattimento.
Si torna in aula con i primi testimoni il 25 ottobre.
S.T.