Gianetti dal giudice, fumata nera

Muro contro muro ieri all’udienza del ricorso per attività antisindacale, ci si rivede il 9 settembre

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di Gualfrido Galimberti

Muro contro muro, si è conclusa con un nulla di fatto ieri mattina l’udienza davanti al giudice per decidere la sorte della Gianetti Ruote. La causa è stata promossa da Fim, Fiom e Uilm di Monza e Brianza per attività antisindacale relativa all’avvio della procedura di chiusura del sito produttivo con il contestuale licenziamento di 152 dipendenti. I dipendenti, proprio in occasione del presidio organizzato nella giornata di Ferragosto, confessavano di essere molto fiduciosi riguardo al buon esito del ricorso.

Nell’udienza che si è svolta ieri con modalità online, però, le distanze tra le parti sono apparse ancora una volta abissali. I sindacati, infatti, hanno ribadito la loro disponibilità a ritirare il ricorso a una sola condizione: ovvero la proprietà revochi la procedura di licenziamento collettivo già avviato il 3 luglio e accetti di accedere alle 13 settimane di cassa integrazione speciale. Una proposta che già era stata sottoposta all’azienda all’inizio del mese di agosto, condivisa con Alessandra Todde (viceministro allo Sviluppo economico), con la Regione Lombardia e con la Provincia di Monza e Brianza. Si tratta del resto di usufruire della possibilità offerta dalla conversione del Dl Sostegni bis, con lo scopo di permettere al ministero e ad Invitaliadi lavorare con la proprietà per uscire da questa situazione di crisi, anche con l’intervento di nuovi imprenditori, dando però continuità all’attività produttiva e garanzie occupazionali. In quella sede il fondo Quantum, proprietario della Gianetti Ruote, sembrava anche disposto ad accettare questa proposta, per disegnare un futuro in sinergia con il ministero. L’atteggiamento, insomma, non era quello di opporsi, per arrivare a una soluzione condivisa.

Ieri, invece, davanti al giudice la posizione è stata più rigida: la proprietà è sì disposta a ritirare la procedura di licenziamento collettivo, ma a condizione che si firmi un accordo che prevede l’utilizzo della cassa integrazione in virtù della cessazione dell’attività e, pertanto, della chiusura del sito produttivo delle Groane. Una presa di posizione ritenuta inaccettabile dai sindacati, che davanti al giudice hanno fatto una ulteriore apertura: sì all’accordo quadro che, dopo le 13 settimane di cassa integrazione speciale con lo stabilimento attivo, preveda anche un ammortizzatore sociale più idoneo alle condizioni che si avranno in quel momento, sperando naturalmente nella cessione dell’azienda a un altro imprenditore. Il giudice ha fissato una nuova udienza per il 9 settembre.