
Un forno
Monza, 22 dicembre 2019 - L'odore. Il suo fiato pestilenziale era la prima cosa che si sentiva quando si avvicinava, e poi lo spostamento d’aria provocato dalle sue grandi ali. E il caldo, bruciante, del fuoco che si sprigionava dalle sue fauci. Non si aveva mai certezza di quando sarebbe arrivato, ma si sapeva che nulla avrebbe messo al riparo le genti e il bestiame delle valli della Brianza dalla terribile maledizione portata da quel mostro. “Furia Oscura”, lo chiamavano i contadini. Ardrabuc - pare - fosse uno dei nomi dati dai sapienti. Un drago, feroce e sanguinario, che in quei primi secoli dell’era cristiana - intorno al 270 dopo Cristo - popolava i sogni, anzi gli incubi di tutti gli abitanti dei villaggi e delle campagne della Brianza lungo la Valassina fino a Erba e alle Prealpi.
Queste zone il terribile mostro aveva eletto a proprio terreno di caccia abituale: non c’era pastore che non fosse costretto a mettere in conto che alcune delle sue pecore finissero a fare da pasto per l’orrida bestia. Quando però ci si accorse che non rimanevano più pecore da divorare, si scatenarono il panico e l’angoscia. Come sfamare quel drago impedendogli che andasse a cacciare anche nei villaggi? L’unica soluzione possibile fu quella di offrire spontaneamente alcuni dei propri figli, estraendo a sorte chi di volta in volta dovesse finire nello stomaco della Furia Oscura placandone gli appetiti. L’angoscia e i pianti, le lacrime e la disperazione entrarono così nelle case e nelle fattorie assieme all’amara consapevolezza che non c’era altra via di scampo.
Finché un giorno la sorte non scelse fu anche la discendente di una testa coronata: la figlia del re, la bellissima principessa Cleodelinda di Morchiuso. Non c’era nulla da fare, neppure i privilegi della classe nobiliare avrebbero potuto impedire lo scempio. La ragazza venne dunque legata a una pianta di sambuco, e abbandonata al suo destino. E fu proprio allora che avvenne il miracolo. Un miracolo che vestiva i panni di un giovane coraggioso chiamato Giorgio, giunto in soccorso in sella al suo cavallo bianco. Forte e astuto. Consapevole che mai sarebbe riuscito a tener testa alla forza spropositata del drago, lo scaltro Giorgio escogitò un piano: si fece preparare dei dolcetti ricoperti con i fiori del sambuco, pianta di cui erano ben note le proprietà rilassanti, e quando il drago spalancò le fauci per addentare la sfortunata ragazza, l’impavido Giorgio ci buttò dentro a grandi mani una robusta manciata di quei dolcetti. L’effetto fu quasi immediato, come previsto. Il drago divenne docile come un agnellino e seguì Giorgio, che dopo averlo stordito ne aveva approfittato per legargli attorno al collo una sorta di cavezza. Il giovane condusse quindi la Furia Oscura ormai ammansita fino al vicino paese di Eupilio e dopo aver estratto dal fodero la sua spada la diresse con violenza contro la giugulare del drago decapitandolo.
La testa a quel punto rotolò insanguinata fino al lago di Pusiano e ci cadde dentro. Narra la leggenda che le onde la catturarono immediatamente trascinandola sul fondo del lago, facendola inabissare nei pressi dell’Isola dei Cipressi. La parte rimanente del corpo del drago venne invece data alle fiamme. Si narra che ancora oggi la testa del mostro sia custodita sul fondo del lago di Pusiano. Ma nonostante le ricerche che si dice siano state effettuate nei secoli passati le sue acque non hanno mai restituito traccia alcuna della preziosa reliquia. In ricordo dell’avvenimento ancora oggi il 23 di aprile, giorno di San Giorgio, in Brianza si preparano i “Pan meitt de San Giorg”: si tratta di focaccette dolci fatte di farina gialla e bianca, impastate con latte e burro. E aromatizzate con fiori essiccati di sambuco. Chiamati anche con i nomi di “Pan del mej”, “pammeini”, “panigada”, “pan dei poveri” o “pan melghino”, si consumano preferibilmente accompagnati dalla panna. Forse anche per questa ragione Giorgio, proclamato successivamente Santo e venerato, come in moltissime località, quale patrono dell’Inghilterra, dei molti ordini cavallereschi e degli Scout, è anche considerato il protettore dei lattai lombardi, che un tempo tenevano in negozio un altare a lui dedicato.