"Dopo droga e armi, il mercato dell’arte Dietro c’è la criminalità internazionale"

Parla il maggiore Francesco Provenza, comandante del Nucleo Tpc dei carabinieri, di recente alla Commissione regionale antimafia

di Dario Crippa

"Spesso i proventi delle sostanze stupefacenti sono reinvestiti in opere d’arte, un sistema di riciclaggio che ben si presta a eludere le attività investigative". Lo diceva lo scorso l’8 febbraio Alessandra Dolci, a capo della Direzione distrettuale antimafia di Milano, nel corso dell’illustrazione di una ricerca redatta da Polis Lombardia (Istituto regionale per il supporto alle politiche della Regione) presentato durante la seduta della Commissione regionale speciale Antimafia. Ma come stanno esattamente le cose? In Commissione c’era anche il maggior Francesco Provenza, al comando del Nucleo tutela patrimonio culturale di Monza.

Traffico illecito opere d’arte. Chi c’è dietro?

"Si tratta di un panorama variegato, nel quale si può andare dai furtarelli nelle chiese a gruppi veri e propri, con una filiera che arriva sino all’estero".

Mafie?

"Non ci sono evidenze di interessi da parte della criminalità organizzata di stampo mafioso ma c’è invece una chiara presenza di una criminalità organizzata comune nella filiera".

Si spieghi.

"Facciamo l’esempio dei beni archeologici: il primo passo è rappresentato dai cosiddetti tombaroli, che studiano il sito, magari con uno spillone vanno a delineare dove possa trovarsi il bene da trafugare, trovano le tombe e iniziano a scavare".

E il secondo passo?

"C’è un primo intermediario, che ripulisce l’oggetto trafugato e, se è il caso, prova a restaurarlo rimettendolo in ordine anche se certo in maniera non professionale. A questo punto subentra l’intermediario di secondo livello che si occupa di proporlo sul mercato sia lecito, all’estero soprattutto, che illecito italiano, dove le maglie della legge sono molto più strette. Si aprono così dei canali in cui l’acquirente, soprattutto all’estero, si trova a investire i propri soldi senza rendersi conto spesso di commettere qualcosa di illecito. Perché se in Italia si sa che ci sono regole certe e stringenti, in altri Paesi non è così. Si assiste dunque a una commercializzazione estera, nella quale si esporta illecitamente un bene, di fatto ‘ripulendolo’ e a volte lo stesso bene, dopo questo passaggio, viene reintrodotto sul mercato italiano, in una vera e propria operazione di riciclaggio, mettendo in atto un’azione illecita che punta a rendere difficile se non impossibile risalire all’esatta provenienza del bene. Una condotta delittuosa, e come tale va perseguita".

E chi acquista beni illeciti?

"Anche se compra regolarmente o in buona fede, quando incappa in un’indagine, anche se rischia poco dal punto di vista penale, perde comunque il bene e tutti i quattrini che ci aveva investiti. Perché quel bene viene sequestrato e torna ai legittimi proprietari".

Criminalità organizzata, ma non di stampo mafioso?

"Ci sono ruoli ben organizzati e determinati dietro molti colpi, ma non c’è una chiara evidenza che la criminalità organizzata si occupi di questo settore. La figura del boss collezionista di opere d’arte non è da escludersi, ma appartiene soprattutto alla fiction".

E i soldi?

"Attorno al mercato dei beni archeologici e dell’arte senza dubbio ruota un flusso di denaro secondo in Italia soltanto a quello della droga e delle armi. Non significa che la criminalità organizzata ci investa direttamente in maniera continuativa, non le conviene investire risorse economiche e umane perché si tratta di un mondo difficile, nel quale non ci si può improvvisare... ma la nostra attenzione è comunque altissima".

Il Nucleo Tpc può avvalersi di una Banca dati sterminata, quella dei “beni culturali illecitamente sottratti”.

"Ci consente di tenere monitorato un numero impressionante di beni, centinaia di migliaia, in continuo aggiornamento".

Come operate?

"È di importanza fondamentale la sinergia fra i diversi enti. Soltanto a livello giudiziario, il Nucleo Tpc di Monza si trova a collaborare con le Procure di 12 Province oltre a quella di Busto Arsizio. Puntiamo poi molto sugli incontri nelle scuole, anche da remoto in questo periodo".

Le scuole?

"Da quando è stata reintrodotta l’educazione civica riteniamo ancor più fondamentale incontrare i ragazzi: il senso civico deve essere di tutti, non bastano 300 carabinieri a tutelare un patrimonio culturale vasto come quello italiano, occorre che i ragazzi – i cittadini di domani – siano parte attiva".

Ma qual è la criminalità organizzata che si muove dietro il mondo dell’arte.

"Un esempio lampante si è visto nella recente operazione che ci ha visti operare a Londra, per il clamoroso furto di 260 libri antichi di proprietà di alcuni collezionisti".

Una banda di 15 ladri acrobati si calò dal lucernario del magazzino fuori Londra.

"Furono rubati testi preziosi poco prima di essere imbarcati per gli Stati Uniti, dove erano attesi da un’importante fiera di settore. Un caso difficile, ma nel giro di tre anni li abbiamo scovato tutti i copevoli, operando con la polizia britannica e quella romena. E abbiamo recuperato anche i libri (valore oltre 2 milioni di euro, ndr). Su quel furto si trovarono a indagare Eurojust, l’unità di cooperazione giudiziaria dell’Unione europea, ed Europol, l’ufficio europeo di polizia".

Criminalità organizzata estera?

"Un gruppo criminale con base romena e appoggi all’estero, anche in Italia, come dimostra il fatto che l’ultimo ricercato si nascondeva dalle parti di Torino. Si tratta di una criminalità organizzata estera, in cui il mercato illegale si affianca spesso a quello legale rendendo ancora più difficile riconoscerlo, creando di fatto una contiguità che rende molto complicata la ricerca dei responsabili. Non è come la droga, che ovunque venga messa in circolazione è illegale: spesso abbiamo a che fare con opere d’arte o beni archeologici difficili da individuare. Perché vendere una ‘cinquecentina’ (un libro stampato nel XVI secolo, ndr) non è un reato, ma quando ci si imbatte in un libro così prezioso occorre capire di cosa si tratta e come è arrivato sin lì".

La crisi economica (e sanitaria) ha cambiato qualcosa… per i criminali?

"Abbiamo notato che c’è stato un incremento delle vendite on line in questo periodo. Non sempore lecite. Le nostre antenne si sono rizzate, qualcuno a volte ha tentato di monetizzare i beni che aveva a casa, non sempre lecitamente, e abbiamo dovuto anche noi ricalibrare la nostra attività e la nostra attenzione per monitorare questa attività su internet. Inevitabilmente, anche da parte nostra l’attenzione verso questo mercato è dovuta diventare maggiore. Anche se il mercato dell’arte ha conosciuto una contrazione nel corso del lockdown, tanto è vero che i furti di opere d’arte si sono ridotti in questo periodo".