“Quello che ho visto nel filmato va oltre un’azione di contenimento, ho visto il detenuto bloccato e raggiunto da diversi colpi”. A parlare l’ex direttrice del carcere di Monza Maria Pitaniello, sentita ieri come testimone al processo al Tribunale di Monza che vede quattro uomini e una donna della polizia penitenziaria accusati di lesioni aggravate, falso, calunnia, violenza privata, abuso d’ufficio e omessa denuncia per avere picchiato nell’agosto 2019 Umberto Manfredi, 52enne, collaboratore di giustizia nel processo ai Casalesi in Veneto, mentre si trovava nella casa circondariale monzese. Il detenuto si è costituito parte civile insieme all’associazione ‘Antigone’. Secondo l’accusa il detenuto è stato colpito a pugni e schiaffi da un agente, mentre altri lo tenevano fermo.
Per poi farlo cadere dalla barella una volta arrivati in cella, dove è stato lasciato dolorante, con gli occhi lividi, il volto tumefatto e un dente rotto. C’è un video che mostra l’agente che schiaffeggia il detenuto ma, secondo la difesa degli imputati, le telecamere non hanno ripreso, per un cono d’ombra, il momento precedente in cui il detenuto avrebbe sferrato un calcio al volto di un agente.
A dire degli imputati le lesioni non sono state causate da una violenta aggressione da parte degli agenti, che sostengono di avere soltanto ‘contenuto’ il detenuto dopo che ha opposto resistenza, ma dalla caduta dopo il trasferimento in cella e da un’azione di successivo autolesionismo.
Martedì l’allora direttrice di via Sanquirico ha raccontato la sua versione della vicenda. “Ero in servizio quel giorno e mi trovavo in un altro reparto, quando ho sentito gridare. Quando sono intervenuta c’era la comandante del reparto che mi ha detto che stava gestendo lei la situazione e di non avvicinarmi perché il detenuto era nudo. Si trattava di un caso impegnativo e complesso da gestire perchè Umberto Manfredi aveva chiesto più volte di andare via da Monza e stava facendo lo sciopero della fame e della sete. Dalla ricostruzione del fatto contenuta negli atti risulta che il detenuto doveva essere trasferito nella sezione a monitoraggio sanitario per un calo di peso importante e durante il trasporto il personale era intervenuto per bloccarlo perché aveva avuto un comportamento aggressivo e un agente aveva riportato delle lesioni”.
La direttrice aveva avviato un procedimento disciplinare a carico del detenuto, denunciato anche per resistenza a pubblico ufficiale. Poi arrivò una segnalazione del Garante nazionale per i diritti dei detenuti che chiedeva chiarimenti sul fatto dopo che un fratello di Manfredi si era rivolto all’associazione Antigone. “Allora ho visto il video della telecamera interna, confermo le zone d’ombra che ci sono in ogni istituto e ho visto altro rispetto a quello che mi era stato riportato sui colpi al detenuto che avevo collegato alla contingenza del momento e alla dinamica della difesa da parte degli agenti - ha continuato Maria Pitaniello - L’attività di bloccaggio presuppone che la persona venga bloccata fisicamente per non provocare lesioni a sé e al personale, mentre ho visto il detenuto bloccato e colpito diverse volte. Allora ho fatto sospendere il procedimento disciplinare nei confronti di Manfredi e inviato gli atti alla Procura di Monza. Ho parlato con il personale nel corso di riunioni dal clima pesante, dove hanno riportato le difficoltà nella gestione del detenuto. Manfredi mi aveva detto di essere caduto a terra a causa di una crisi epilettica”.