
Pagina de Il Giorno 27 gennaio 1964
Monza, 11 giugno 2017 - L’assurdo delitto della “fossa dei serpenti”. Viene definito così su alcuni giornali un misterioso delitto compiuto in una fredda notte di gennaio di 53 anni fa a Monza. Un caso mai risolto, che per qualche settimana occupò le prime pagine dei giornali, quantomeno quelli locali, sino a essere alla fine dimenticato. Con un termine tipico delle cronache anglosassoni, oggi forse lo si chiamerebbe un “cold case”, un “caso freddo”.
I FATTI
Le cronache di quanto accadde il 26 gennaio 1964 a Monza all’inizio raccontano e sintetizzano i fatti così: un rapinatore ha freddato con un colpo di pistola al cuore un ragazzo di Villasanta, il ventunenne Alfredo Beretta. I fatti non sono così semplici e si delineano meglio nelle ore successive. Alfredo Beretta è un giovane militare, da qualche mese chiamato alle armi come aviere presso la sesta Aerobrigata di stanza all’aeroporto di Ghedi (Brescia). Un ragazzo di buona famiglia, senza particolari grilli per la testa ma con tanta voglia di vivere. Ultimo dei tre figli del proprietario di una fabbrica di biciclette molto nota in paese, si muove a bordo di una Innocenti spider color grigio topo. La domenica sera della tragedia approfitta di una licenza di poche ore per andare a casa dalla famiglia a Villasanta con la sua auto sportiva, accompagnato da un suo commilitone, il “primo aviere” A.B., 22 anni, nativo di Giugliano (Napoli). Dopo aver mangiato un boccone, alle 21 i due escono per tornare a Ghedi ma prima decidono di fare tappa a Monza per salutare una ragazza, una 18enne commessa in un negozio di abbigliamento del centro. Dopo essersi incontrati, tutti e tre vanno a cercare un’altra ragazza che abita in via Bettola, in periferia.
Una strada che si diparte da via Borgazzi fra Monza e Cinisello Balsamo. Nel primo tratto, finché è fiancheggiata da costruzioni, la strada risulta illuminata, poi però i fabbricati si diradano e la strada si trasforma in un viottolo a fondo cieco nella cosiddetta “fossa dei serpenti”. Questo il pittoresco nome che la cronaca ha assegnato alla striscia di terreno fra Monza e Sesto San Giovanni che corre parallela all’autostrada Milano-Bergamo e che nelle ore notturne si popola di prostitute e loschi individui. Gli episodi di cronaca nera non sono rari in questo territorio e ancora si rammenta quanto accaduto appena pochi mesi prima, quando una lucciola era stata ferita da alcuni colpi di pistola esplosi da uno sconosciuto.

Il “primo aviere” però accelera di nuovo, e il bandito allora spara mirando all’abitacolo. Il colpo perfora il lunotto posteriore e centra al petto il povero Alfredo Beretta, che sfortunatamente si era girato proprio in quel momento per guardare l’aggressore. Sono le 22.15 circa. Senza un lamento, il giovane si accascia sulla spalla della ragazza, mentre il suo commilitone si dirige a tutta velocità verso l’ospedale. La pallottola, penetrata nella parte sinistra del torace, fra il terzo e il quarto spazio intercostale, gli aveva però ormai trapassato il cuore e il giovane spira sul lettino del pronto soccorso. Immediato viene dato l’allarme, le forze di polizia piombano sul posto a setacciarlo palmo a palmo. Dell’assassino non c’è però alcuna traccia, solo vengono ritrovati i bossoli di una calibro 7,65: l’arma del delitto.

Le ricerche proseguiranno spasmodiche e poi sempre più rassegnate nelle settimane seguenti. Dell’assassino c’è solo una labile descrizione fornita dai due ragazzi che accompagnavano la vittima: si tratterebbe di un uomo sui 25-30 anni, capelli neri, viso affilato, statura media, impermeabile chiaro. Un po’ poco per arrivare a trovarlo. Le ipotesi sul delitto intanto si susseguono, a volte contraddittorie: un rapinatore alle prime armi a cui è sfuggita la situazione di mano oppure un bandito esperto, e proprio per questo ancora più difficile da individuare? Ancora: un maniaco sessuale che si apposta in una zona frequentata soprattutto da coppiette? Ma il delitto potrebbe essere anche il frutto di un tragico equivoco: l’obiettivo dell’aggressore era in realtà un altro e c’è stato uno scambio di persona. Si arriva persino a ipotizzare la vendetta di un innamorato respinto.
Infine, qualcuno avanza la pista di un maniaco religioso che si sarebbe attribuita la missione di punire i peccatori: nella zona c’è una cappelletta dedicata alla Madonna e il folle in questione non sopporterebbe che quel luogo sacro sia contaminato dalle pratiche peccaminose che invece spesso trovano asilo da quelle parti. Solo suggestioni senza alcun fondamento, probabilmente, anche se ad avvalorare un’ipotesi simile ci si mette anche la testimonianza di tale “Valentino il brasiliano”, un clochard che abita con alcuni cani in una casupola nella “fossa dei serpenti”. “Valentino il brasiliano” avrebbe segnalato nei mesi precedenti la presenza in zona di uno squilibrato che si sarebbe avventato su chi transitava in certi orari da quelle parti. Ma delle sue parole - e di tutte le altre ipotesi avanzate inizialmente - non si sentirà alla fine più parlare.