Vimercate, il primario contagiato dal virus: "Ho provato il terrore sulla mia pelle"

Il primario Giuseppe Danilo Vighi si è ammalato con alcuni colleghi: contagiati nonostante mille precauzioni

Il primario Giuseppe Danilo Vighi

Il primario Giuseppe Danilo Vighi

Vimercate (Monza e Brianza), 22 novembre 2020 - «L’antivirale? Va dato entro dieci giorni dall’esordio della malattia, dopo il Remdesivir non serve più". Giuseppe Danilo Vighi, primario di Medicina a Vimercate, spiega come si cura il virus in ospedale. Anche lui ha avuto l’infezione, ne è venuto fuori con il cortisone, farmaco-chiave delle nuova terapia appena ratificata dalla Società italiana di Infettivologia. "Prima di tutto serve l’eparina, basta la dose di prevenzione che si fa per gli interventi, la trombosi è uno dei rischi più gravi del Sars Cov 2, poi bisogna valutare il deficit respiratorio. Il nemico è subdolo perché ha la capacità di non fare percepire subito la difficoltà, per questo, a casa, è essenziale utilizzare il saturimetro tre volte al giorno. Sotto i 90 si ricovera, ma abbiamo visto persone con 75, a 89 l’insufficiente è accertata. Fra 90 e 94 c’è un deficit".

«Il secondo step se la febbre non arretra è il desametasone per 7-10 giorni - aggiunge lo specialista - poi si scala fino a interrompere, nel frattempo si garantisce una copertura antibiotica - ceftriaxone e azitromicina - contro i batteri ai quali si è più esposti con l’assunzione di cortisonici. Infine, ci sono tre tipi di ossigenazione. Sotto al casco si può arrivare al 100% del fabbisogno con 60-80 litri al minuto, tantissimo, mentre la mascherina denota una media insufficienza corretta da 15 litri, nei casi più lievi si utilizzano gli occhialini (6 litri al minuto). Se non c’è risposta, si passa alla rianimazione: un problema che riguarda il 10% delle persone, il 30 non ce la fa". La degenza media va da 5-6 giorni a 2 settimane, "dimettiamo 24 ore dopo lo svezzamento da ossigeno".

Oggi, in corsia , stanno lottando in 256, 197 a Vimercate, due in più di venerdì, (dei quali 8 in terapia intensiva, 65 in assistenza respiratoria), e 58 a Carate (+3, 49 in condizioni critiche). È l’ultimo bollettino in attesa del picco. "Nella mia équipe ci sono 14 persone, abbiamo contratto la malattia in 4, nonostante tutte le precauzioni. Io sono rimasto a casa, ho provato sulla mia pelle il racconto di tanti degenti: la paura dell’accelerata improvvisa, quando sembra tutto finito. A una settimana dal termometro sotto i 37, la temperatura risale ed è drammatico. Come gli occhi di chi non ce la fa. Lì, sbarrati, sotto al casco, lucidi, a chiederti un miracolo che non puoi fare. Finisce tutto con gli oppiacei: tolgono la sensazione di soffocare".