
Civati con la mamma (Radaelli)
Monza, 13 febbraio 2015 - La prima battuta velenosa è dell’ex vicesindaco di Monza ed ex presidente della Provincia, avversario della prima ora. «Il brianzolo con il cuore a sinistra e il portafoglio... in Svizzera!» scrive su Facebook il forzista Dario Allevi a proposito di Pippo Civati e delle rivelazioni dell’Espresso sul conto corrente del padre presso la banca Hsbc. A Monza tutti lo sanno: il ragazzo ribelle del Pd arriva da una famiglia agiata, con appartamento a ridosso del Duomo, in pieno centro storico. Ma per tutti è una sorpresa leggere il nome di Pippo, quello delle battaglie contro l’evasione e il riciclaggio e sul rientro dei capitali all’estero, associato a conti in Svizzera, anche se il conto è quello aperto dal padre quando lavorava per una società straniera, anche se è un conto in chiaro che non ha mai superato i 10mila euro e che, aperto nel ’94 quando Pippo aveva solo 19 anni, si è estinto nel 2011. I commenti sulla rete impazzano: «Ma che figura di m... il golden boy della sinistra brianzola», scrive un ‘amico’ commentando il post di Allevi. «Il futuro della sinistra beneficiario di un conto in Svizzera . Ogni commento è superfluo», scrive ancora Emanuela Beacco, transfuga della sinistra e oggi consigliera comunale di una lista indipendente a Giussano.
Lui, abituato a dialogare con la rete, ha già risposto da ore. «Il motivo per cui compare anche il mio nome dipende unicamente dal fatto che mio padre ha aperto quel conto nel 1994 indicandomi come procuratore, insieme a mia madre (in quanto eredi, per il caso in cui fosse mancato) - scrive su Pippo su ciwati.it -. Di tutta questa storia non avevo alcuna informazione, non ho mai fruito di quei capitali e non ho mai avuto concretamente accesso al conto. Prima notizia, quindi: non ho soldi in Svizzera e non ne ho mai portati, né prelevati. Quanto al conto e al deposito di quei capitali, non c’è stato alcun elemento di illegalità: tutta la situazione è stata, peraltro, verificata in occasione del verbale della Guardia di Finanza redatto in contraddittorio con mio padre. Ho mostrato il verbale, che risale al 2011, al giornalista de l’Espresso.Nulla di contestato, nulla di scudato, insomma. Perché in quella banca? Perché mio padre, amministratore delegato di un gruppo multinazionale che intratteneva rapporti con istituti bancari di vari paesi, ne aveva, tra gli altri operatori finanziari, anche con Hsbc, presso la quale fu aperto un conto regolarmente dichiarato nel bilancio della società. Presso la stessa banca aprì anche il suo». Tutto chiaro, quindi, ma come sempre accade l’effetto della prima notizia è molto più dirompente di quello delle spiegazioni conseguenti.
«Sono serenissimo, anche se non nel senso renziano del termine - prova a scherzarci su il deputato monzese della minoranza Pd, parlandone al telefono -. C’è chi dice che sono in minoranza anche in Svizzera perché avevo pochi soldi». In realtà l’amarezza e l’imbarazzo pesano. «Da anni impegnato nelle battaglie contro l’evasione, il riciclaggio e i paradisi fiscali, è per me insopportabile vedere il mio nome accostato a persone e comportamenti con cui né io né la mia famiglia abbiamo avuto a che fare», scrive ancora su internet. E racconta a voce: «È una storia che non conoscevo, tant’è che all’inizio mi sono arrabbiato con mio padre. Sono anni che contesto l’evasione fiscale e se ci fosse stato qualcosa di strano mi sarei tutelato. Ho la coscienza a posto anche se mi rendo conto che c’è chi in questo momento ha i sentimenti confusi. Ma c’è anche chi contesta il fatto che abbiano sbattuto il mostro in prima pagina. Non è niente, ma una fuga di notizie che qualcuno ha orientato su di me. Non ho niente da giustificare, rispondo perché faccio politica, ma è chiaro che avrei fatto volentieri a meno di quanto sta succedendo. Uno quando fa questo mestiere mette in conto queste cose. Mi dispiace solo per le persone che possono equivocare, anche se, e lo dico per le cose serie, purtroppo siamo in un Paese in cui tutti dimenticano. E in questo caso non se la sono presa con quello di potere, ma con l’oppositore».
monica.guzzi@ilgiorno.net