ALESSANDRO SALEMI
Cronaca

Il carcere di Monza è al collasso: sovraffollamento all’80%, violenze e pochi agenti. “La situazione drammatica”

L’allarme della direttrice Cosima Buccoliero nel Consiglio straordinario. Nella casa circondariale sono presenti 733 reclusi a fronte di 411 posti. E in 500 hanno problemi di droga: gestire le crisi sta diventando impossibile

Il carcere di Monza (foto di repertorio)

Il carcere di Monza (foto di repertorio)

MONZA – Una situazione drammatica, quella fotografata nell’aula consiliare del Comune di Monza. Per la prima volta nella storia recente della città, il Consiglio comunale ha dedicato una seduta straordinaria alla casa circondariale di via Sanquirico. Una scelta non rituale, ma necessaria: il carcere di Monza è uno dei più affollati e problematici d’Italia. A renderlo evidente sono i numeri, i dati, le testimonianze raccolte in aula e diventate eco di una situazione sempre più insostenibile. La direttrice della struttura, Cosima Buccoliero, ha aperto la seduta con un intervento lucido e grave, con cui ha fatto capire che la situazione è al collasso. I dati parlano da soli: 733 detenuti presenti, a fronte di una capienza di 411 posti. Un tasso di sovraffollamento che supera l’80%, ben oltre la media nazionale.

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Cosima Buccoliero, direttrice della casa circondariale di via Sanquirico

A rendere ancora più critica la situazione è la composizione della popolazione detenuta: 347 sono cittadini stranieri, molti dei quali privi di documenti o fissa dimora. Un segmento fragile che spesso intraprende percorsi di giustizia nella speranza di un riscatto sociale, ma che si scontra con una macchina penitenziaria al collasso. L’istituto ospita ben 250 persone con diagnosi psichiatrica accertata, un numero drammaticamente in crescita. A queste si aggiungono numerosi detenuti con gravi disturbi comportamentali non diagnosticati, sintomo di una marginalità estrema e di un’assistenza sanitaria inadeguata. Sul fronte delle dipendenze, la fotografia è altrettanto allarmante: quasi 500 detenuti sono presi in carico per problemi legati alla tossicodipendenza. Le crisi di astinenza sono frequenti e difficili da gestire, soprattutto in un contesto dove il personale è insufficiente e le strutture sono sature.

Lo ha spiegato con dati altrettanto nitidi la comandante della polizia penitenziaria, Emanuela Anniciello. Nell’ultimo anno si sono registrati 359 procedimenti disciplinari, 10 aggressioni al personale, 29 casi di oltraggio e minacce, 71 colluttazioni tra detenuti e persino un incendio. “E tutto questo – sottolinea Anniciello – con un organico in costante diminuzione: oggi contiamo 297 agenti, troppo pochi rispetto alle reali esigenze operative”. A portare la voce dei detenuti è stato Roberto Rampi, garante per i diritti dei reclusi. “Il carcere è un tema invisibile ma centrale – le sue parole – perché ci racconta dove fallisce la nostra società. Se funzionassero meglio le misure alternative, avremmo meno persone dietro le sbarre. La richiesta principale che ricevo dai detenuti è il lavoro. Questo è il vero riscatto”. Parole forti, che rompono il silenzio attorno a una realtà spesso rimossa.

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“Monza non è il peggior carcere d’Italia – aggiunge il garante –, ma non possiamo accontentarci. Oggi stiamo rompendo un tabù”. Il sindaco Paolo Pilotto ha riportato la memoria collettiva al 1984, anno dell’inaugurazione del carcere, quando la struttura era moderna, capace di rispettare gli standard europei, con una persona per cella. “Già allora, però, c’erano drammi come i suicidi – precisa il sindaco –. Oggi non ci limitiamo alla denuncia: il Comune si assume la responsabilità di esserci, ma servono azioni congiunte con Regione, governo, enti sociali e privati. Da soli non ce la facciamo”.

Pilotto ha molto apprezzato le parole dell’ex sindaco Dario Allevi, che ha ribadito l’importanza del carcere come parte integrante del territorio. “Già da presidente della Provincia consideravo Sanquirico come il 56esimo Comune di Monza e Brianza – dichiara il leader del centrodestra –. Il tema chiave è il reinserimento: servono risorse pubbliche per sostenere gli imprenditori che assumono ex detenuti”. Ha sottolineato il ruolo della cultura e della rieducazione, “per abbattere i muri e i pregiudizi”. Di tono più critico l’intervento del consigliere Paolo Piffer (Civicamente), educatore con lunga esperienza nel carcere monzese: “Il Comune può fare di più, a partire dalle risorse economiche”.