Pestaggio di un detenuto, agenti a processo: la direttrice del carcere in aula

Maria Pitaniello è stata chiamata a testimoniare per ricostruire la dinamica dell'accaduto. Il giallo del video dal quale manca un momento della presunta aggressione

Il carcere di Monza

Il carcere di Monza

Monza - La direttrice del carcere di Monza Maria Pitaniello tra i testimoni chiamati al Tribunale per il processo sulla presunta aggressione a un detenuto da parte di alcuni agenti di polizia penitenziaria. La responsabile della casa circondariale di via Sanquirico dovrà presentarsi nella prossima udienza a maggio per ripercorrere quanto accaduto nell’agosto 2019. 

Cinque gli imputati a vario titolo per lesioni personali aggravate, falso, calunnia, violenza privata, abuso d’ufficio e omessa denuncia al dibattimento dove si è costituita parte civile l’associazione Antigone, che si occupa della tutela dei diritti e delle garanzie nel sistema penale e penitenziario e che ha presentato un esposto alla Procura di Monza dopo avere avuto notizia della presunta aggressione da un famigliare del detenuto.

L'uomo, un italiano, che era in cella per scontare una condanna per violenza sessuale e stava protestando perché voleva essere trasferito in quanto presunto collaboratore di giustizia, tanto che da una settimana stava facendo lo sciopero della fame, secondo l’accusa stava per essere riportato in cella in barella dall’infermeria del carcere quando è stato colpito a pugni e schiaffi da un agente, mentre altri lo tenevano fermo. Per poi farlo cadere dalla barella una volta arrivati in cella. Il detenuto sarebbe stato lasciato lì dolorante, con gli occhi lividi, il volto tumefatto e un dente rotto. E in seguito mandato in cella di isolamento, dopo essere stato costretto a dichiarare che era stato lui a essere stato aggressivo.

C’è un video dell’accaduto estratto da alcune telecamere nei corridoi del carcere, che mostra l’agente che schiaffeggia il detenuto ma, secondo la difesa degli imputati, le telecamere non hanno ripreso, per un cono d’ombra, il momento in cui il detenuto avrebbe sferrato un calcio al volto di un agente. Come ha confermato ieri in aula un’ispettrice di polizia penitenziaria.

"L’agente aveva un occhio iniettato di sangue e mi disse che aveva ricevuto un calcio in viso dal detenuto che aveva opposto resistenza, per cui avevano dovuto fare ricorso all’uso della forza fisica per bloccarlo", ha ricostruito la testimone.

A dire degli imputati, infatti, le lesioni non sono state causate da una violenta aggressione da parte degli agenti, che sostengono di avere soltanto ‘contenuto’ il detenuto dopo che "scalpitava e tentava di scendere dalla barella", ma dalla caduta dopo il trasferimento in cella e da un’azione di successivo autolesionismo messo in atto dal detenuto. "La direttrice mi ha detto di acquisire i filmati perché era arrivata la lettera del Garante dei detenuti - ha continuato la testimone - ma nel visionare le immagini non emergevano estremi di reato. Mentre l’aggressione all’agente non appariva perché avvenuta in un punto cieco delle telecamere".