BARBARA CALDEROLA
Cronaca

Brugherio, salta l’accordo sulla Ceme: "Impugneremo i licenziamenti"

Dopo Brugherio il colosso delle elettrovalvole chiuderà a Carugate

I lavoratori della Ceme

Brugherio, 2 settembre 2017 - Addio tratttativa, alla Ceme spuntano gli avvocati. Dopo il mancato accordo di qualche giorno fa, Fim e Fiom sono pronte «a impugnare i licenziamenti». Il colosso delle elettrovalvole, intanto, si prepara a chiudere lo stabilimento di Carugate, al centro, da mesi, della trattativa finita con un nulla di fatto. Per i 97 lavoratori coinvolti, scesi a 83 secondo la direzione, i 14 che mancano nel conteggio si sarebbero ricollocati da soli dai terzisti inizia un altro momento critico.

La nuova ristrutturazione, annunciata a inizio giugno «per non perdere significative quote di mercato», ma senza una crisi in corso, arriva un anno dopo che è stato smantellato il sito di Brugherio per le stesse ragioni e il trasloco di una cinquantina di tute blu brianzole nell’hinterland e a Trivolzio, nel pavese, dove il Gruppo ha la propria sede principale. Un maxi-capannone con 500 dipendenti, 120 chilometri al giorno, avanti e indietro, per raggiungerlo. Che la tensione si alta lo testimonia il durissimo botta e risposta fra sindacati e azienda dopo due mesi e mezzo di tira e molla. «I metalmeccanici? Fanno politica, anziché gli interessi degli operai», scrivono i manager in una nota. Replicano i segretari milanesi Cristian Gambarelli (Fim) e Roberta Turi (Fiom). «È inaccettabile che un’impresa con bilanci floridi come Ceme si comporti in maniera socialmente irresponsabile e decida di lasciare tutti a spasso nel Milanese per dare il lavoro ai terzisti e aumentare così i profitti. Se questi sono i comportamenti delle società più sane, cosa dobbiamo aspettarci in futuro da parte di quelle che sono in difficoltà?».

La situazione è precipitata, fino alla fumata nera, dopo che a inizio agosto era sembrato aprirsi uno spiraglio, quando la proprietà ha respinto le proposte di Cgil e Cisl che «chiedevano il trasferimento di una parte consistente delle maestranze nello stabilimento della Bassa e la ricollocazione di un’altra presso i terzisti, contrattandone le condizioni di lavoro». "I sindacati hanno perso un’occasione. E ne siamo rammaricati. Avrebbero potuto firmare l’intesa e dare a oltre metà dei dipendenti una nuova prospettiva occupazionale e agli altri un incentivo economico doppio rispetto a quello definito nell’ultimo accordo sottoscritto dagli stessi sindacati un anno fa", aggiunge la direzione.

Posizioni inconciliabili, che presto rimbalzeranno in Tribunale, nonostante il pressing delle istituzioni. Una delegazione di lavoratrici, a luglio, era stata ricevuta dalla presidente della Camera, Laura Boldrini. Alla terza carica dello Stato, le 63 signore della fabbrica avevano espresso tutta la loro preoccupazione e lei si era fatta carico della situazione, promettendo di aiutarle. A giorni i sindacati organizzeranno una nuova assemblea pubblica a Carugate per fare chiarezza sulle prossime mosse.