Braccio di ferro sull’ex Tarabini: il Comune ordina la demolizione

La proprietà ha ottenuto dal Tar la sopensione del provvedimento sanzionatorio

Il negozio di via Borsa al centro della contesa oggi si chiama Boggi Factory Store

Il negozio di via Borsa al centro della contesa oggi si chiama Boggi Factory Store

Non si risolve e, anzi, raddoppia il contenzioso sullo storico negozio di abbigliamento da uomo a Cederna conosciuto fino a pochi anni fa come Tarabini. Nel 2020 si è aperta una causa legale tra il Comune e le due società proprietarie Lambro Confezioni e Tessilmonza sulla destinazione dello spazio compreso tra le vie Borsa e Galilei dove da decenni si svolge l’attività dei grandi magazzini di abbigliamento e che ora ha come ultima denominazione Boggi Factory Store.

Secondo il municipio l’edificio usato come negozio di abbigliamento non ha una destinazione commerciale in quanto, dopo un accertamento svolto nel 2019, è emersa la licenza edilizia originaria, risalente al dicembre 1960, che autorizzava allora una funzione industriale per quell’immobile. Le due società proprietarie hanno inizialmente proposto un accordo per risolvere la questione ma da parte del Comune a fine luglio 2020 è stato avviato il procedimento per ordinare il ripristino dello stato dei luoghi.

Una procedura contro cui a novembre 2020 è stato presentato un primo ricorso al Tar, assieme anche alla richiesta di condannare il Comune al pagamento 3,89 milioni di euro di danni oltre agli interessi legali, con gli avvocati di Lambro Confezioni e Tessilmonza che sostengono che la tesi del municipio sia infondata perché nell’immobile ex Tarabini si è sempre svolta solo attività commerciale e mai produttiva fin dalla sua edificazione nel 1960. La contesa tra le due parti non si è ancora risolta e, dopo un sopralluogo della Polizia locale, il Comune ha mandato ai proprietari dell’immobile un’ordinanza che impone il ripristino dei luoghi secondo la destinazione originaria con la demolizione e rimozione entro 90 giorni delle presunte opere edificate in modo abusivo. Un documento che le due società hanno impugnato presentando un secondo ricorso al Tar che ne chiede l’annullamento, oltre alla sospensiva degli effetti. A sua volta l’Amministrazione ha dato mandato all’avvocatura comunale di opporsi anche contro questo ricorso in attesa di un pronunciamento dei giudici che risolva il contenzioso.

A loro volta gli avvocati delle due società hanno ottenuto dal Tar la sopensione degli effetti del provvedimento sanzionatorio del Comune. "E' stato dimostrato in giudizio che il richiamo industriale riguarda solo la tipologia costruttiva dell’edificio (capannone con aperture a shed) e non, di certo, la sua destinazione ed utilizzazione", precisano i legali di Lambro Confezioni e Tessilmonza. Inoltre la difesa dei ricorrenti "non ha mai utilizzato l’argomento, contrario alla legge, che fosse sufficiente lo svolgimento esclusivo dell’attività commerciale per sanare un eventuale uso difforme".

Gli avvocati sostengono inoltre che la condotta dei propri assistiti "non è sanzionabile perché, in Regione Lombardia, il cambio di destinazione d’uso senza opere è sanzionabile solo dall’anno 2001". Viene inoltre aggiunto che "l’ordinanza cautelare del Tar, di accoglimento delle richieste delle società proprietarie, ha correttamente riconosciuto che la questione delle destinazioni d’uso richiede un approfondimento e ha quindi ritenuto necessaria l’udienza finale (nel mese di gennaio 2023)".