Baby killer, condanna confermata in Appello

Nonostante la perizia psichiatrica parli di totale immaturità e di capacità di intendere gravemente scemata per l’uso di droga dall’età di 11 anni

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di Stefania Totaro

Per i due baby killer del pusher delle case popolari di San Rocco la perizia psichiatrica, disposta dalla Corte di Appello di Milano sezione minori, parla di "totale immaturità" e di capacità di intendere e di volere "grandemente scemata" dall’abuso di droghe dall’età di 11 anni. Ma i giudici confermano comunque la stessa condanna del processo di primo grado. E’ la sentenza decisa ieri per il 14enne e il 15enne che il 30 novembre 2020 hanno inferto più di 30 coltellate a Cristian Sebastiano, 42 anni, di fronte alla sua abitazione in via Fiume.

I due ragazzi sono stati condannati dalla giudice del Tribunale per i minorenni di Milano Nicoletta Cremona con il rito abbreviato a 14 anni e 4 mesi ciascuno. Entrambi erano accusati di concorso in porto abusivo di arma da taglio, rapina aggravata per avere sottratto alla vittima la bustina con 5 grammi di cocaina che aveva con sè, omicidio volontario aggravato dall’avere assunto sostanze stupefacenti per commettere il reato (cocaina e cannabis e il 15enne anche eroina), dalla premeditazione (per avere pianificato l’uccisione e la rapina, attirando la vittima con una chiamata da una cabina telefonica e presentandosi armati di coltelli), dai motivi futili e abietti (legati alla sottrazione della droga e ai debiti con il pusher) e dalla crudeltà.

Una circostanza, quest’ultima, contestata dalla pm della Procura per i minorenni di Milano Myriam Iacoviello ma esclusa invece dalla giudice, che ha fatto abbassare di 8 mesi la pena chiesta in 15 anni dalla pubblica accusa. Ma la difesa dei due ragazzini ha presentato ricorso in appello per vedersi quantomeno ‘limare’ ancora al ribasso la condanna, che non è stata determinata nella misura minima dalla giudice per "particolare insensibilità" manifestata "nell’immediatezza del fatto e anche a distanza di mesi" dagli imputati, dalle cui "bocche non è uscita nemmeno una parola di sincero pentimento o di umana pietà per la vittima e i suoi familiari".

I difensori avevano anche chiesto che ai ragazzini venisse applicata un’attenuante per la seminfermità mentale o venissero sottoposti ad una perizia psichiatrica, sostenendo che i minori si trovavano in uno stato di intossicazione cronica da sostanze stupefacenti, assunte da quando erano ancora bambini.

Per la giudice invece non risultava minata la capacità di intendere e di volere del giovane. Di diverso avviso la Procura generale che si è associata alla richiesta di perizia psichiatrica chiesta dalla difesa degli imputati. Ma poi, nonostante l’esito a favore di un vizio quantomeno parziale di mente, ha chiesto la conferma della prima condanna, istanza accolta dai giudici di appello. La difesa dei ragazzini aveva chiesto l’assoluzione o una pena che permettesse l’ammissione alla messa alla prova a servizi di pubblica utilità.