
il sindaco Maurizio Bono e il saluto di Arcore a Berlusconi
Arcore (Monza Brianza) - Dalla parata degli ultras del Milan, al viavai di auto blu con a bordo i suoi cinque figli, Marina, Pier Silvio, Barbara, Eleonora e Luigi, le massime cariche del governo – Giorgia Meloni, Matteo Salvini, Antonio Tajani – o gli amici più stretti del Cavaliere, Fedele Confalonieri, Adriano Galliani, Marcello Dell’Utri sono fra le immagini indelebili dei giorni del lutto.
Ma nell’album dei ricordi rimarrà anche la sfilata delle folla anonima davanti ai cancelli di Villa San Martino, decine di ammiratori che hanno voluto rendergli omaggio. Dopo la scomparsa di Silvio Berlusconi la città torna lentamente alla normalità. Ieri, i capannelli sul prato di fronte alla residenza dell’ex premier si sono diradati, ma non in mattinata, quando un drappello di fan ha voluto rimanere accanto al feretro in partenza per la cremazione e ha atteso che il corteo funebre si avviasse per Valenza Po, in Piemonte al forno Panta Rei scelto per l’operazione.
"Arcore senza di lui non sarà più la stessa - dice il sindaco Maurizio Bono – abbiamo perso un punto di riferimento, un occhio attento alla nostra realtà con la sua esperienza. E non a parole". “Ho messo la bandiera di Forza Italia fuori dal balcone di casa e gli ho portato un mazzo di fiori", racconta Angela, che abita a poche centinaia di metri dall’ex primo ministro e che in passato ha lavorato come ‘sartina’ per la famiglia.
Con lui finisce anche il suo ultimo sogno brianzolo, quello di creare una pinacoteca aperta al pubblico quattro giorni a settimana nel giardino della sua reggia. In mostra ci sarebbero stati alcuni dei capolavori assoluti di cui era proprietario. "Il Cavaliere è una delle tre celebrità di casa che hanno portato il nome di Arcore nel mondo - sottolinea Bono -: moto Gilera, acciaierie Falck, e Berlusconi". Una presenza fissa fin dai tempi in cui volava in elicottero su questo spicchio di Brianza per raggiungere San Siro e il suo Milan. Nuove fortune e storia che si intrecciano proprio nella dimora del fondatore di Forza Italia, quando un secolo fa alla stazione ferroviaria non molto lontana dai cancelli con gli stemmi scendeva Benedetto Croce per fare visita agli amici marchesi Casati Stampa, proprietari dell’ex monastero benedettino che il magnate dell’editoria acquistò negli anni Settanta dall’ultima erede. Il filosofo aveva uno studio in quella che sarebbe diventata casa Berlusconi.
La Quadreria accarezzata ai tempi del Covid era il pezzo di un altro progetto che il Cav non realizzò, ma che l’amministrazione a guida Pdl nel 2008 autorizzò e cioè il raddoppio di Villa San Martino, l’idea era quella di riunire la famiglia sotto lo stesso tetto. Nel grande parco era prevista l’edificazione di quasi 4.500 metri quadri, un terzo dei quali destinati ad accogliere una pinacoteca, un museo della casa editrice Mondadori, la sede di una fondazione intitolata a Luigi Berlusconi, padre del presidente. Negli altri 3.000 metri invece avrebbe trovato posto una nuova villa a forma quadrata con una grande corte interna, a uso dei figli. La stessa filosofia che prima della discesa in campo ispirò all’imprenditore il mausoleo realizzato dall’amico Pietro Cascella con 36 tombe anche per gli amici.