"Cùntami: la mia battaglia al cinema"

Giovanna Taviani al Mexico: mio papà mi sognava “Asor Rosa“, poi è diventato il mio primo fan

Giovanna Taviani

Giovanna Taviani

Trovate questo articolo all'interno della newsletter "Buongiorno Milano". Ogni giorno alle ore 7, dal lunedì al venerdì, gli iscritti alla community del «Giorno» riceveranno una newsletter dedicata alla città di Milano. Per la prima volta i lettori potranno scegliere un prodotto completo, che offre un’informazione dettagliata, arricchita da tanti contenuti personalizzati: oltre alle notizie locali, una guida sempre aggiornata per vivere in maniera nuova la propria città, consigli di lettura e molto altro. www.ilgiorno.it/buongiornomilano

Milano - Nelle grotte di Polifemo, da piccina, Giovanna Taviani ascoltava incantata la voce di papà Vittorio che le raccontava le avventure di Ulisse. Da qui ha inizio un viaggio, intimo e corale, alla ricerca di Mimmo Cuticchio, ultimo cùntista e puparo, e dei suoi allievi, che continuano a combattere anche contro i mulini a vento per non fare tramontare l’arte della narrazione orale, per fare incontrare Don Chisciotte e Peppino Impastato, aprendo lo sguardo sul presente con la chiave del mito. “Cùntami”, premio speciale ai Nastri d’Argento sezione Docufilm, approda oggi alle 21 a Milano, al cinema Mexico, con la sua regista.

C’è un passaggio di testimone continuo da generazione a generazione, da padre a figlia. "Sono salita su un furgoncino rosso, una macchina del tempo stile Odissea nello Spazio , alla ricerca dei narratori orali . Originariamente avrei dovuto guidare da sola, alla ricerca di maestri e allievi, a cominciare da Mimmo Cuticchio. Poi ho deciso di passare il volante a tutti noi, “figli“, che stiamo sulle spalle di giganti per vedere più lontano".

Quando è iniziato il viaggio? "Cinque anni fa. Quando ho cominciato le riprese e ho pensato al prologo, intimo come le musiche, mio papà era malato. Non avrei immaginato che in quelle acque avrei sparso poi le ceneri dei miei genitori. Raccontare è l’unico antidoto alla morte".

Mimmo Cuticchio a un certo punto ha preso in mano la “spada“ del padre, che pensava di essere l’ultimo cùntista: l’ha fatta propria, ha fatto rivivere l’arte, non solo per i turisti. Quando suo padre Vittorio le ha passato “la spada“? "Bellocchio diceva che “ci si può liberare anche dai padri senza bisogno di doverli uccidere“. La tradizione viaggia, si rinnova. E a volte bisogna superare un conflitto. Io avevo un’intesa artistico-letteraria con lui. Che ha sempre cercato, come mia mamma, di non farmi fare questo lavoro. Mi sognavano docente e critica letteraria, una ’Asor Rosa’. Ho seguito tutta la carriera accademica. Poi il prof Romano Luperini ha cominciato a farmi studiare letteratura e cinema... E col primo documentario I nostri 30 anni - Generazioni a confronto mio padre è diventato il mio primo fan. Non voleva fossi l’ennesima “figlia di qualcuno“, dovevo arrivarci da sola. E ci sono arrivata a 34 anni, con serietà e solidità umanistica. “Tu sei regista“: mi diceva".

È ancora un mondo complicato per le registe-cùntiste? "Di ottime cùntiste ce ne sono. E mi hanno chiesto di raccontarlo, cosa che farò. Quanto alle registe... siamo ancora il 12%, le direttrici di fotografia ancora meno. Ma sono ottimista, qualcosa sta cambiando".

Con “Cùntami“ sta lottando contro i mulini a vento? "C’è un vero attacco alla sala, non ci si crede più. E invece è lì il cinema. Sentire le voci che arrivano da dietro, da destra, da sotto. La mia battaglia è accompagnare Cùntami nelle sale, sentire il respiro del pubblico, raccontarlo. Servono esercenti coraggiosi come al Mexico. Anche Fughe e approdi è passato lì".

Prossimo approdo? "Il primo film di finzione: ieri abbiamo letto l’Antigone fino a notte fonda".

 

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro