Stipendi sempre più bassi: ogni milanese ha perso mille euro in dieci anni

Perdita di potere d’acquisto, carovita e anni di tagli. Milano soffre nonostante i salari medi lordi più alti d’Italia: 35.947 euro all’anno

L'andamento del salario medio a Milano

L'andamento del salario medio a Milano

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Milano - Una linea che dal 1990 non decolla, ma dopo periodi di lievi crescite dei salari medi seguite da cadute subisce un crollo nel 2020, anno della pandemia. Un torta che, nell’arco di una decina di anni, sul totale del valore aggiunto vede ingrandirsi la fetta degli utili incamerati dalle imprese e assottigliarsi quella degli stipendi e degli investimenti. Due immagini che dipingono un fenomeno: buste paga sempre più magre, e una perdita di potere d’acquisto di circa mille euro in una decina di anni nonostante un costo della vita in costante aumento ed esploso con l’emergenza sanitaria.

Anche Milano soffre, confermando un primato fatto di luci e ombre. È la città italiana con i migliori stipendi, ma anche la capitale delle disuguaglianze e del carovita. Secondo una ricerca di JobPricing, un milanese vanta una retribuzione globale media lorda di 35.947 euro, rispetto ai 30.054 euro della media nazionale e ai 32.539 euro della media lombarda. Le retribuzioni sono decisamente più basse a Monza-Brianza, al secondo posto in classifica con 31.625 euro, e ancora di più a Pavia e Mantova, dove gli stipendi medi sono rispettivamente di 29.179 euro e di 28.995 euro. 

"Anni segnati da un precariato sempre più massiccio, da appalti ed esternalizzazioni, hanno abbassato il costo del lavoro e indebolito la contrattazione sindacale", analizza Matteo Gaddi, ricercatore della Fondazione Sabattini, nata su impulso della Fiom-Cgil. "Questi fattori hanno portato a un abbattimento degli stipendi – prosegue – nonostante la retorica di Confindustria sulla contrattazione aziendale. L’unico strumento che consente di tutelare i livelli salariali è il contratto nazionale, valido per tutti". Un quadro che emerge dall’ultima analisi della Fondazione Sabattini sull’andamento dei salari nelle imprese metalmeccaniche, sulla base dei bilanci depositati. Dal 2010, per i successivi otto anni, in Lombardia i salari sono passati dal 44,9% del valore aggiunto al 45,6% con un leggero aumento di 0,6 punti percentuali. Le imposte sono passate dal 7,6% al 6% con un calo di di 1,6 punti percentuali. Gli investimenti non sono aumentati, mentre gli utili sono passati dal 10,2% al 15,5% con una crescita di oltre 5 punti percentuali. "La quota salari (ovvero i salari in rapporto al valore aggiunto) - si legge nella ricerca - mostra un andamento abbastanza piatto con una tendenza alla diminuzione (dal 2015 sono continuamente calati); al contrario degli utili che mostrano una chiara tendenza all’aumento".

Fenomeno analizzato nel metalmeccanico che riguarda, però, anche altri settori. E all’orizzonte ci sono tutte le incognite legate al Pnrr. "È inspiegabile la decisione del Governo di non vincolare la corresponsione di questi generosi aiuti – sottolinea Gaddi – all’assunzione, da parte delle imprese, di precisi impegni sociali e industriali, ad esempio il divieto di licenziare, di delocalizzare o di ridurre i volumi di produzione. In sostanza si tratta di soldi gratis alle imprese". Una sfida che si inserisce in uno scenario poco rassicurante. Soprattutto dalla crisi del 2008 le buste paga hanno continuato a dimagrire, e la pandemia ha dato una nuova stangata. La Fondazione Di Vittorio certifica che nell’Eurozona nel 2020, a causa delle ripercussioni del Covid su economia e occupazione, la massa salariale è calata del 2,4% mentre in Italia del 7,2%. Dal 1990, secondo un’analisi Open Polis, il salario medio in Italia è diminuito del 2,9%. E dal 2010 si è registrata la perdita di 1.059 euro nei salari medi annuali, circa il 3,5%. Un crollo dopo anni di relativa stabilità. Con un confronto “a prezzi costanti“, cioè aumentando virtualmente le retribuzioni del passato per adeguarle all’attuale costo della vita, possiamo comprare mille euro di beni e servizi in meno. Tutto questo si traduce in famiglie sempre più povere, e salti mortali per arrivare a fine mese. 

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