Piccole e medie imprese in Borsa: "Guerra e crisi, corsa verso piazza Affari"

Anna Lambiase da vent’anni traghetta le Pmi in borsa: ora cercano altri capitali e investitori dopo un 2021 record per le quotazioni

Un trader in Borsa

Un trader in Borsa

L’uscita dalle fasi più critiche della pandemia, l’aumento dei prezzi delle materie prime e del costo dell’energia, le tensioni sui mercati provocati dalla guerra in Ucraina. Fattori che, combinati, portano a "una spinta delle imprese verso la quotazione in borsa", tentando la carta di piazza Affari per trovare "nuovi investitori e capitali". Un mondo che Anna Lambiase, amministratore delegato e fondatrice di IR Top Consulting e presidente di V-Finance, legge attraverso la lente di vent’anni di esperienza nel traghettare le piccole e medie imprese italiane verso la quotazione, curando passo dopo passo i processi di listing. Dall’esperienza pionieristica della bresciana Poligrafica San Faustino, una delle prime Pmi a tentare il salto, alla corsa degli ultimi anni accelerata nel 2009 dall’apertura di Euronext Growth Milan a piazza Affari, segmento calibrato sulle Pmi.

Anna Lambias
Anna Lambias

Quale situazione ci troviamo davanti, dopo due anni di pandemia?

"Nel 2020 le aziende hanno tirato il freno rimandando progetti di quotazione che poi sono maturati nel 2021, anno record. Nel 2020 si sono quotate sul segmento Euronext Growth Milan 23 Pmi, nel 2021 sono state 44, nei primi mesi di quest’anno sono tre. Contiamo in tutto 177 Pmi quotate ma il potenziale di crescita è enorme, visto che sono circa 2800 le aziende potenzialmente quotabili in Italia".

Che impatto avrà la guerra?

"Sicuramente significativo, connesso al costo dell’energia e delle materie prime. Le aziende dovranno trovare fonti di finanza alternativa per gli investimenti e accedere al capitale privato. Tutto questo sta innescando una corsa alla quotazione, anche per non rimanere indietro rispetto alla concorrenza".

Come è cambiato, in vent’anni, l’approccio delle piccole e medie imprese?

"Quando ho iniziato, nel 1999, c’era molta diffidenza, legata al timore infondato di perdere il controllo dell’azienda. Il problema dei costi di quotazione è stato superato grazie agli sgravi fiscali introdotti. Ora le aziende hanno capito che quotarsi aiuta ad aumentare la propria capacità competitiva, valorizza il patrimonio, finanzia piani di sviluppo e accompagna il passaggio generazionale".

Fra le imprese traghettate in borsa, ricorda successi e fallimenti?

"Fra i successi ricordo Fope, nel settore dei gioielli, Gibus, Longino & Cardenal, che commercia cibo di pregio. Fra i fallimenti ci sono alcuni casi di processi che si sono arenati. Quando c’è stata un delisting è stato però accompagnato spesso dalla quotazione sul mercato principale perché l’azienda è cresciuta, oppure è dovuto all’acquisizione da parte di fondi o multinazionali. Ho raccontato alcuni esempi in un libro che ho scritto, “La quotazione in borsa delle Pmi“, in pubblicazione con l’editore Franco Angeli".

Nel contesto globale, che ruolo gioca Milano?

"È una piazza finanziaria d’eccellenza, in una fase di crescita. Noi abbiamo presentato anche alcune proposte al Mef, come incentivi fiscali per la quotazione e per gli investimenti nelle Pmi innovative".

La finanza è ancora un settore maschile, con troppe poche donne in ruoli apicali.

"Si dice che la finanza non ha colore ma purtroppo un colore ce l’ha, è l’azzurro. Lo vediamo quando cerchiamo nuovi collaboratori: il 99% dei Cv arriva da uomini. Io adoravo la finanza e i numeri fin da ragazzina, anche se ho frequentato il liceo classico prima di iscrivermi alla facoltà di Economia. Una formazione umanistica molto utile".

 

 

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