Milano capitale dei precari, boom dei contratti sotto i 3 giorni: “Vantaggi solo per le aziende”

Tempo determinato per il 73% dei nuovi avviamenti. I sindacati: “Il decreto Primo maggio del governo alimenta l’illusione che meno vincoli creino nuovi posti di lavoro”

Manifestazione di lavoratori precari a Milano

Manifestazione di lavoratori precari a Milano

Milano – Il decreto approvato dal Governo Meloni nella data simbolica del primo maggio cala su un mondo del lavoro che, nella Città metropolitana di Milano, si sta muovendo fra ripresa post-Covid e nuove ombre. Provvedimenti accolti da proteste dei sindacati e da un’apertura di credito degli industriali (per il presidente di Assolombarda Alessandro Spada "si va nella giusta direzione"), mentre per i percettori del reddito di cittadinanza è iniziato il conto alla rovescia.

I contratti a termine

Il Governo interviene sui contratti a termine, con meno paletti sulle causali. Viene superato così il decreto dignità, promosso nel 2019 dal M5S con l’obiettivo di ridurre il precariato stabilendo un periodo massimo di 24 mesi e il vincolo delle causali dopo un anno. Nel Milanese, con un trend in corso da anni, il contratto a termine è ormai la prima modalità di ingresso in un’azienda per la stragrande maggioranza delle persone. L’anno scorso, secondo i dati dell’Osservatorio mercato del lavoro della Città metropolitana, su 100 nuovi avviamenti (cioè contratti di lavoro) 73 erano a tempo determinato e solo 26 a tempo indeterminato. Guardando l’andamento mese dopo mese, cresce la curva dei contratti a termine (con il picco lo scorso novembre, legato al Natale) mentre rimane costante quella degli indeterminati. E gli "avviamenti brevi", con contratti di durata inferiore a tre giorni, sono aumentati del 42,5%: da 155.794 nel 2021 sono passati a 221.973 nel 2022. "Un dato legato alla ripartenza degli eventi, come ad esempio il Salone del Mobile e il Fuorisalone – spiega Livio Lo Verso, responsabile dell’Osservatorio – che per loro natura fanno largo uso di contratti di brevissima durata. Il mercato del lavoro del nostro territorio è già connotato da un uso di contratti a termine superiore rispetto ad altre zone d’Italia, anche per le caratteristiche di un’offerta legata ai servizi e al turismo. Questo emerge anche dalla “forchetta“ che si allarga fra avviamenti e lavoratori avviati: i primi crescono del 23,8% nel 2022 e i secondi solo del 16,6%, mentre i datori di lavoro che hanno registrato avviamenti sono solo il 7,7% in più. Per questo credo che il decreto non avrà grossi impatti, rispetto alla situazione esistente".

Il rischio precarietà

L’intervento sulle causali dei contratti a termine ha scatenato le ire dei sindacati, per una "liberalizzazione" che aumenterà la precarietà che "passerà da uno a tre anni". Ipotesi negata dal ministro del Lavoro Marina Calderone, che parla delle causali come "un problema confinato al 2,5% dei contratti a termine visto che più del 97 % durano meno di 12 mesi". Francesco Melis, sindacalista della Nidil-Cgil da anni in campo in settori ultraprecari, dai rider all’e-commerce Amazon, punta il dito contro la spinta verso "un modello di lavoro ancora più flessibile con tutti i vantaggi per le aziende", coltivando "l’illusione che l’allentamento dei vincoli possa creare nuovi posti di lavoro". I rischi, non solo per Milano, sono legati inoltre all’estensione dell’apprendistato, nel turismo, anche a chi ha più di 29 anni.

Addio reddito di cittadinanza

ll decreto manda in soffitta il reddito di cittadinanza: dal primo gennaio 2024 arriva l’assegno di inclusione per le famiglie con disabili, minori o over-60; mentre per gli occupabili, dal primo settembre 2023 arriva lo strumento di attivazione al lavoro, con percorsi di formazione. Una rivoluzione, quindi, nella platea dei percettori. A Milano, secondo gli ultimi dati di Afol Met, da gennaio al 30 aprile sono 5.257 i beneficiari convocati dal centro per l’impiego perché considerati "occupabili", per avviare quindi un percorso di reinserimento nel mondo del lavoro. Tra questi, si sono presentati solo in 1.445. Gli altri 3.493 sono risultati assenti "con giustificato o non giustificato motivo" o perché irraggiungibili. Ed è proprio sul criterio di occupabilità che si concentrano le maggiori perplessità di chi è in prima linea nella giungla del lavoro, oltre al nodo irrisolto della formazione. "Ipotizzare che tutte le persone tra 18 e 60 anni senza figli o anziani a carico siano occupabili non ha senso – spiega il giuslavorista Maurizio Del Conte, presidente di Afol – sono criteri troppo rigidi. Si tratta di una riforma che, prevalentemente, tende a ridurre le risorse destinate alla vecchia misura del reddito di cittadinanza senza portare idee nuove. Come al solito manca un vero investimento sulle politiche attive per il lavoro".

Il giovani inattivi

Nel decreto sono previsti incentivi per le aziende che assumono i Neet under 30, cioè giovani che non studiano, non lavorano e non sono impegnati in percorsi di formazione. Questa, sul territorio di Milano, è una sfida tutta giocare visto anche l’incremento, complice la pandemia, dei Neet. "L’anno scorso nella Città metropolitana si registravano 250mila giovani inattivi fra 15 e 34 anni – spiega Salvatore Monteduro, della segreteria della Uil Lombardia – Sono numeri preoccupanti, e una risposta potrebbe essere data anche utilizzando i fondi del Pnrr. Per questo, però, è fondamentale aprire un tavolo a livello locale".

Il nodo stipendi

Il taglio del cuneo fiscale si tradurrà in aumenti in busta paga, secondo gli auspici del Governo, per una media di 100 euro mensili. Ne beneficeranno principalmente lavoratori con redditi fino a 35mila euro. Sotto la Madonnina i dipendenti sono i meglio pagati d’Italia, con uno stipendio medio di 30.464 euro nel 2021, due volte e mezzo la media nazionale di 12.473 euro, secondo un’analisi del Centro Studi Tagliacarne. Il problema è il costo della vita, alle stelle, che prosciuga i salari.

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