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Dolce e Gabbana ancora contro Equitalia: troppi 4 milioni di aggio

I due stilisti contestano l'aggio di Equitalia su una cartella esattoriale finita a ruolo del valore totale di 85 milioni di euro

Dolce e Gabbana

Milano, 9 maggio 2016 - Domenico Dolce e Stefano Gabbana ancora una volta davanti ai giudici tributari.  Si è svolta oggi, infatti, la prima udienza di un procedimento tributario davanti alla commissione provinciale di Milano nel quale i due stilisti contestano l'aggio di Equitalia su una cartella esattoriale finita a ruolo del valore totale di 85 milioni di euro. Cartella sulla quale la società pubblica di riscossione ha caricato, secondo la legge, la propria commissione del 4,65% (sale al 9% se il contribuente non paga entro 60 giorni), pari a circa 4 milioni di euro, somma che i due stilisti non vogliono pagare.

I legali di Dolce e Gabbana, oltre a difendersi nel merito, stamane hanno sollevato un'eccezione di costituzionalità dell'aggio: hanno evidenziato come sia eccessivamente gravoso e abbia quindi una natura sanzionatoria per il contribuente in quanto è in percentuale fissa a prescindere dall'ammontare della cartella e pari, nel caso specifico, a un importo milionario. Gli avvocati hanno chiesto, inoltre, di inviare anche gli atti alla Corte di giustizia dell'Unione europea sostenendo che l'aggio sarebbe un aiuto di Stato a Equitalia contrario ai Trattati della Ue. L'udienza è stata aggiornata al prossimo 19 dicembre.

La cartella da 85 milioni di euro di cui Dolce e Gabbana contestano l'aggio rappresenta le sanzioni e gli interessi di mora dell'Agenzia delle Entrate per la vendita, nel 2004, dei loro marchi, per 360 milioni, a una società lussemburghese parte del loro gruppo (la Gado). Vendita da cui era nata l'inchiesta penale della Procura di Milano per reati fiscali, conclusa con l'assoluzione in Cassazione dei due stilisti nel 2014. A livello fiscale la partita, però, non si è ancora chiusa: l'Erario tempo fa aveva ricalcolato il valore ai fini fiscali dei marchi in 1,19 miliardi di euro, abbassato poi dalla commissione tributaria regionale lombarda in 730 milioni. Ora la causa dovrà essere affrontata dalla Suprema Corte. La battaglia sull'aggio di Equitalia non è nuova per Dolce e Gabbana. I due stilisti avevano già presentato ricorso nel 2011 contro una cartella esattoriale intestata a Gado (ora si chiama Dolce & Gabbana Trademark), la quale conteneva un aggio da 1,25 milioni di euro su un importo totale di 27 milioni di euro. Anche il questo caso i legali avevano sollevato una serie di questioni di costituzionalità, rigettate dai giudici che avevano poi dato loro torto nel merito del ricorso.

Non diversamente si è concluso, alla fine dell'anno scorso, il ricorso in secondo grado, all'interno del quale erano state riproposte le questioni di costituzionalità che ruotano sempre intorno all'eccessiva onerosità dell'aggio, dichiarate "infondate" per la seconda volta così come la richiesta di trasmissione degli atti alla Corte di giustizia della Unione europea per valutare sempre se questo costo per la riscossione sia un aiuto di stato ad Equitalia. Su quest'ultimo punto i giudici tributari avevano stigmatizzato le tesi della difesa sottolineando che "immaginare che lo Stato aiuti Equitalia è un nonsenso", perché ne è l'azionista unico e la società è stata costituita ad hoc per le riscossioni. Per i giudici, inoltre, l'aggio non è una un'onerosa tassa mascherata da tariffa, ma è solo il "pagamento di un servizio" determinato dal legislatore nel 9% (4,65% entro 60 giorni dalla notifica della cartella): la percentuale fissata è una "scelta certamente opinabile", dicono i giudici, ma che appartiene alla discrezionalità politica ed è quindi legittima.