Milano, 31 marzo 2025 – I dazi imposti dall'amministrazione di Donald Trump potrebbero frenare la crescita dell'economia lombarda, determinando una contrazione del PIL regionale dello 0,3% nel 2025, dello 0,6% nel 2026 e un ulteriore calo dello 0,6% nel 2027.
Effetti dei dazi sull'economia lombarda
A rivelare il possibile effetto delle misure a stelle e strisce è una ricerca condotta da Cna Lombardia e realizzata dal centro studi Sintesi, che rielaborando i dati del Fondo Monetario Internazionale ha formulato scenari relativi agli effetti di una "guerra commerciale” provocata dall'applicazione di nuovi dazi da parte degli Stati Uniti, accompagnati da risposte simili da altre nazioni.
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump (Photo by Brendan Smialowski / AFP) AFP
''Il mondo sembra si stia infilando in una tempesta perfetta. La tensione reciproca sale e bisogna controllarla con estrema razionalità", afferma Giovanni Bozzini, presidente di Cna Lombardia, esortando "il nostro territorio a non perdere canali relazionali internazionali e una vocazione all'export che qualifica molta della nostra produzione". Il timore, infatti, è che un "rallentamento delle esportazioni possa portare a una diminuzione della produzione e, di conseguenza, dell'occupazione in settori cruciali per l'economia regionale".
Export lombardo verso gli Stati Uniti
Nel 2024, secondo gli ultimi dati di Confindustria Lombardia, l'export lombardo verso gli Stati Uniti ha raggiunto i 13,72 miliardi di euro, registrando una diminuzione del 3,5% rispetto al 2023. A livello provinciale, Milano si conferma leader con il 46,4% del totale lombardo, seguita da Bergamo (13,8%), Brescia (11,5%), Monza e Brianza (8,2%) e Varese (6,3%).
Settori più colpiti
È proprio a causa della "forte incidenza dell'export verso gli Usa sul Pil regionale", che i dazi potrebbero danneggiare l'economia lombarda. In particolare, i comparti più colpiti in Lombardia sarebbero le bevande (29,9% di quota export), la pelletteria (15%), la farmaceutica (14,3%), i mobili (12,5%) e l'abbigliamento (10,9%). "Gli Stati Uniti hanno valutato appieno gli effetti di questa politica sul proprio PIL e sul proprio posizionamento globale? Non vogliamo che sulle nostre imprese si abbatta un nuovo tsunami economico, dopo quelli causati dalla pandemia di Covid e dalla guerra russo-ucraina", osserva Stefano Binda, segretario di Cna.

Lo sguardo delle imprese
A livello nazionale le imprese temono la possibilità che il presidente statunitense Donald Trump imponga stringenti misure protezionistiche. Infatti, per il 59,5% delle imprese indagate la principale preoccupazione è un aumento delle barriere doganali e tariffarie, con particolare riferimento a dazi sulle merci italiane come prodotti agroalimentari, tessili e macchinari. Questi settori, fondamentali per l'export italiano, percepiscono un possibile rischio per la competitività dei loro prodotti sul mercato statunitense.
Al contrario, il 21,5% non segnala particolari timori, attribuendo maggiore peso a dinamiche interne o a strategie di diversificazione già avviate. Quasi la metà delle imprese (il 45,6%) ritiene però che la nuova amministrazione americana non influirà sulle loro strategia, mentre quasi 1/4 delle imprese indagate sta considerando di aggiustare le proprie strategie per ridurre la dipendenza dagli Usa, come espandersi verso mercati emergenti come Sud-Est Asiatico e Africa, l'incremento di investimenti in e-commerce per raggiungere clienti finali in mercati diversificati, e lo sviluppo di partnership con aziende locali in Europa per rafforzare le filiere produttive e commerciali.