La crisi del Canale di Suez, mercantili costretti a cambiare rotta: a rischio l’8% dell’export lombardo

Valgono 13 miliardi i beni lombardi che transitavano dal Mar Rosso ora non più praticabile per via degli attacchi dei ribelli Houthi L’esperto: "A breve potremo vedere ulteriori effetti negativi"

Crisi in Medio Oriente: nel canale di Suez viaggia un export da 13 miliardi di euro

Crisi in Medio Oriente: nel canale di Suez viaggia un export da 13 miliardi di euro

Milano, 4 maggio 2024 –  È un po’ uscita dai radar del dibattito pubblico, ma la crisi di Suez non è ancora finita e le imprese lo sanno bene: a rischio c’è l’8 per cento del valore dell’export lombardo. Valgono infatti circa 13 miliardi le esportazioni lombarde che transitavano per lo più dal Canale di Suez, sotto scacco dopo gli attacchi alle navi mercantili da parte degli Houthi, gruppo di ribelli yemenita sostenuto dall’Iran. Nei mesi scorsi l’impraticabilità in sicurezza di una delle principali rotte commerciali internazionali – da qui passa il 12% del commercio globale – ha portato a scegliere una rotta alternativa, ovvero il periplo del Capo di Buona Speranza.

“Il cambiamento delle dinamiche commerciali indotto dalla crisi di Suez ha prodotto un effetto-chiave – nota Andrea Muratore, analista di Confapi Brescia – Proprio giovedì l’Organizzazione Marittima Internazionale ha fatto sapere che la rotta del Capo di Buona Speranza è insostenibile, perché mancano servizi essenziali". Intanto però la scelta della rotta del Capo di Buona Speranza da parte di molte compagnie ha movimentato in questi mesi il traffico container intermedio tra i porti del Mediterraneo, con la conseguenza di veder accumularsi tempi e code nei settori dei trasporti. Così, se nella prima fase della crisi legata al blocco dei traffici per i raid degli Houthi il problema era veder deserto il traffico merci, ora si pone il problema dei lunghi tempi di giacenza delle merci che condizionano diversi scali.

“Algeciras, Barcellona e Tangeri sono stati i primi. Ma presto il problema potrebbe diventare italiano – sottolinea Muratore – Da un lato porti che avevano fatto dell’interconnessione dal Mediterraneo all’Oceano Indiano via Mar Rosso un perno della loro attività come Genova, Livorno e Venezia hanno visto un calo degli attracchi; dall’altro scali come Augusta, Cagliari e Napoli, orientati maggiormente all’attrazione di cargo di dimensioni differenti, hanno visto una crescita".

Cosa significa per la Lombardia?

Gli ultimi dati dicono appunto che l’8 per cento dell’export lombardo transitava dal Mar Rosso, con Milano al primo posto (6,5 miliardi) seguita da Bergamo, Monza, Varese e Brescia. "Le rotte del Mar Rosso non sono quindi un proxy totale per l’export lombardo – sottolinea Muratore – ma sono legate a determinati settori, in particolare l’edilizia e alcuni tipi di macchinari".

Quello che fa temere conseguenze importanti è però il fatto che nel 2023 l’export verso Arabia Saudita, Singapore ed Emirati Arabi fosse aumentato di oltre un miliardo. "Considerando che nel complesso tutte le esportazioni lombarde sono cresciute di 902 milioni, arrivando a quota 163 miliardi, significa che solo la crescita verso questi tre Paesi ha fatto più dell’aumento globale. Basta prendere una cartina per capire che sono Paesi raggiungibili tramite il Mar Rosso. Questo ci porta a dire che potremo vedere a breve ulteriori effetti negativi di questa crisi".

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