Milano, chiusi 1.300 negozi per pandemia, affitti e inflazione: “Addio botteghe di quartiere”

Un’attività su cinque ha sede in centro. Ferramenta introvabili nei quartieri, soffrono anche i bar: "I costi scoraggiano le aperture, servono incentivi fiscali"

Dal 2019 ha chiuso circa il 4% dei negozi milanesi

Dal 2019 ha chiuso circa il 4% dei negozi milanesi

Prima la pandemia, poi l’aumento del costo dell’energia e delle materie prime. L’inflazione che ha portato le famiglie a ridurre i consumi, i canoni per l’affitto di spazi commerciali andati alle stelle e la stretta sui mutui. Fattori che, incrociati, hanno portato a un risultato: saracinesche chiuse, nei quartieri di periferia ma anche in centro.

I numeri, nonostante la ripresa e le vie dello shopping affollate nei giorni del Fuorisalone, fotografano un saldo con il segno meno per il commercio milanese. In città, nel 2019, erano attive 29.606 imprese fra rivendite al dettaglio, ambulanti, commercio online, bar e ristoranti. Quattro anni dopo, secondo i dati del Registro imprese di febbraio 2023, restano aperte in città 28.317 attività, fisiche e online.

Si sono persi, quindi, 1289 negozi di vario genere. Un calo del 4% nel confronto fra 2019 e 2023. Ma la decrescita, con un valore più contenuto (-1%), si registra anche nel confronto fra febbraio di quest’anno e lo stesso mese dell’anno scorso.

Più internet e minimarket

Prosegue quindi la desertificazione delle periferie, visto che un’attività commerciale su cinque ha sede nel centro di Milano. In quattro anni c’è stata un’esplosione della categoria “commercio di prodotti via internet”, con un +104,1% dovuto all’effetto della pandemia. Nel 2019 erano attive solo 948 imprese. In quattro anni sono più che raddoppiate, arrivando a quota 1935. Con un aumento del 13% anche fra 2022 e 2023.

Crescono “minimercati e negozi di alimentari”, spesso gestiti da stranieri, con un +21,6% nel confronto fra 2019 e 2023. Anche gli “empori e negozi di prodotti non alimentari“ aumentano (+17,6%), così come le rivendite di apparecchiature per la telefonia mobile (+15,3%). Rispetto al 2019, Milano conta anche più ristoranti aperti, nonostante la pandemia. Ora se ne contano 4628, mentre nel 2019 erano 4181. Un aumento, quindi, del 10,7%.

Meno ferramenta e fruttivendoli

Quali sono, invece, i comparti in calo? A soffrire di più la crisi è il settore “calzature e accessori”. Si sono persi in quattro anni 49 negozi (-17,5%). Addio anche ai negozi di bigiotteria (-14,6%), mentre i piccoli negozi di ferramenta diventano ormai introvabili nei quartieri. Resistono 235 attività. Calano anche i bar senza cucina (-13,4%) mentre fra i settori in sofferenza si registra il commercio ambulante di prodotti ortofrutticoli (-9,3%). Cala anche il “commercio al dettaglio di prodotti del tabacco” (-8,3%): è scoppiata la bolla delle sigarette elettroniche.

La crisi dei negozi di vicinato

"I negozi di vicinato soffrono per la minore capacità di spesa – analizza Andrea Painini, presidente di Confesercenti Milano – mentre in questo momento la stretta sui mutui e gli alti tassi scoraggia nuove aperture. Sarebbe opportuno studiare sistemi, utilizzando anche la leva degli incentivi fiscali, per aiutare imprenditori in cerca di spazi e per evitare di lasciare le vetrine vuote. Altrimenti restano solo ristoranti e catene".

Un progetto avviato dal Comune e dalla Camera di commercio è il bando “Su la cler” (aperto fino al 30 aprile) con sostegni per l’apertura di negozi di vicinato. In generale resiste chi è in grado di rinnovarsi, e di offrire servizi in più rispetto alla semplice vendita di prodotti.

Grandi eventi e spesa

Il segnale positivo arriva dai grandi eventi: il Salone del Mobile, secondo le stime di Confcommercio, porterà un indotto di 223 milioni di euro, in crescita del 37% rispetto all’anno scorso.

Sale, in un anno, la previsione di spesa media procapite: da 343,3 a 377,9 euro. Si attende un incremento del 10% delle vendite nei negozi. "Il ritorno del Salone del Mobile nella sua collocazione storica nel mese di aprile – sottolinea il segretario generale di Confcommercio Milano Marco Barbieri – rappresenta un importante passo avanti sul 2022 e un avvicinamento ai numeri pre-Covid. Un indotto fondamentale per l’economia milanese".

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