Luca Zorloni
Economia

Duemila leggi: la zavorra della burocrazia. «Così affonda la chimica della Lombardia»

Fino a cinque anni per ottenere un'autorizzazione che in Danimarca arriva in sei mesi. Gli industriali: «Semplificare i procedimenti». Ci prova la Regione

AL TIMONE Riccardo Bellato (Newpress)

Milano, 7 ottobre 2014 - «Una volta abbiamo provato a riunire in un disegno tutte le norme che devono rispettare le aziende chimiche. Ma sono più di duemila. Alla fine ci abbiamo rinunciato: non ci stavano». Riccardo Bellato allarga le braccia. È il presidente del gruppo chimici di Assolombarda, rappresenta la spina dorsale delle 2.800 imprese italiane del settore. In Lombardia chimica e farmaceutica occupano 69mila persone, il 40% del totale nazionale. Un esercito che in Europa è secondo solo a quello della tedesca Renania-Vestfalia. E nel 2011 il comparto ha generato 37 miliardi di euro di fatturato. Numeri da capogiro che fanno il paio con quelli che, al contrario, agli imprenditori fanno venire il mal di testa: duemila norme stabilite dai codici nazionali, dai 14 mesi a cinque anni per ottenere dagli uffici pubblici semafori verdi come la direttiva sulle emissioni degli impianti industriali o l’autorizzazione ambientale integrata. Documenti che la Danimarca svincola in sei mesi, il Regno tra i quattro e i nove, Belgio e Austria al massimo in un anno.

«Per ottemperare tutti questi obblighi l’industria fa fatica», lamenta Bellato. E sui bilanci aziendali gravano i costi degli uffici amministrativi destinati a rincorrere i capricci della pubblica amministrazione. E ricorre il solito mantra rivolto al governo: tagliate la burocrazia, limita la nostra competitività. Da Regione Lombardia è arrivato un primo segnale. «Attiveremo presto un progetto pilota di semplificazione dedicato alla chimica – spiega Bellato –. Questa burocrazia è un ingolfamento anche per le istituzioni che devono controllare».

D’altronde il settore presenta dei casi scuola. Come il Sistri, il sistema informatico per la tracciabilità dei rifiuti finito anche al centro di un’inchiesta giudiziaria su un presunto giro di tangenti per la gestione dell’appalto. Ci sono voluti 18 provvedimenti legislativi per mettere in carreggiata il sistema nato nel 2009 e che oggi, commenta amaro Bellato, «funzionicchia». E già questa è una storia di ordinaria inefficienza. Ma ora si prospetta un nuovo paradosso: Selex, la società del gruppo Finmeccanica che ha in mano l’appalto, ha comunicato che non proseguirà nella gestione del cervellone oltre la scadenza del contratto il 30 novembre di quest’anno, anche se il Sistri dovrebbe funzionare fino alla fine del 2015. «Presto rifaremo una gara per un sistema più avanzato», ha promesso nei giorni scorsi il ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti.

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