
Un disegno degli anni Venti illustra via Laghetto, alle spalle di piazza Santo Stefano
Milano, 19 agosto 2014 - Cartoline da Milano. Così lontane, così vicine. Ricordi vivi (vivissimi) a colori, in seppia o bianco e nero. Ognuno gonfio di storie cittadine, minime e universali. Con quei visi a emergere da un passato tutto milanese per divenire memoria collettiva. È un piccolo/grande e prezioso progetto quello di Fabio Amoroso, che da cinque anni ha dato vita al blog «Vecchia Milano», punto di riferimento per un passato che quotidianamente scivola fra le dita. La passione per la materia si è unita a un meticoloso lavoro di recupero di documenti. E in un attimo il blog si è trasformato in casa virtuale dei milanesi. Numeri non indifferenti: un milione e mezzo i passaggi sul sito, oltre 1500 i follower su Facebook. Perfino Google ha recentemente chiesto ad Amoroso di mettere a disposizione i suoi contenuti per una nuova «app». Se si aggiungono le migliaia di commenti che corredano gli articoli, si comprende l’affetto che circonda la «Vecchia Milano». In tutti i sensi.
Fabio Amoroso, come nasce il progetto? «Il blog nasce nel 2009, con il semplice scopo di raccogliere riflessioni, ricordi e fotografie su un tema che certamente mi è molto caro, quello della “Milano di un tempo”. La raccolta di libri, cartoline, e giornali, oltre alla documentazione oggi più facilmente reperibile su Internet, mi hanno permesso di conoscere sia una parte della storia della mia città, sia come i cambiamenti - non sempre positivi - hanno influito sulla sua trasformazione. Non è nostalgia, è solo voglia di non far sparire la nostra storia, il nostro passato».
Che città emerge dalle testimonianze? «Milano è una città con troppe sfaccettature: chi ha vissuto il periodo bellico dipinge una città ferita, ma sempre “col coeur in man” disposta ad aiutare tutto e tutti; chi invece ha ricordi più recenti racconta la ricostruzione e la ripresa degli anni ‘60 e ‘70, dove la frenesia e la velocità hanno preso il sopravvento. Mi spiace che non possano più esserci testimonianze dei due decenni a cavallo tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900, periodo interessante da studiare per molti aspetti, non ultimo l’impronta architettonica emersa con lo stile Liberty».
Dove porterebbe un turista? «Inizierei dal giro delle porte. Milano era divisa in sei sestieri, ognuno con la propria porta principale di accesso a volte affiancata da pusterle, porte di minore importanza. Un tour sui Bastioni, per giungere piano piano al centro di questo esagono, transitando per tutta la Cerchia dei Navigli e il suo sistema di conche».
Una cosa che non sopporta? «Certamente da un punto di vista della viabilità Milano è una città difficile, impiegare un’ora e più per andare da nord a sud (sempre che non esca il Seveso) mi sembra eccessivo, ma quello che più mi fa arrabbiare è il sistema di parcheggio selvaggio, senza curarsi del danno arrecato ad altri, senza pensare che un portatore di handicap non può scavalcare il cofano di un’auto».
Come si augura che evolva il suo progetto? «Non ho progetti per il futuro. Google mi ha chiesto di condividere i contenuti e questo è già un grande motivo di soddisfazione. Vorrei solo riuscire a trovare più tempo per scrivere e per coinvolgere più possibile le persone che desiderano raccontare “com’era”. Magari facendo venir voglia di “rallentare un po’ il ritmo...”».