
Francesco Di Gesù, in arte Frankie hi-nrg, 55 anni
Milano – C’è un nuovo Frankie in città. Quello che sbarca il 24 giugno al Magnolia con “Voce e batteria” per ricordare che “la definizione più drastica e brutale di rap è parlare ritmato”, come spiega nel comunicato diramato su questa nuova avventura artistica assieme al Donato Stolfi. Mentre Marracash continua a far cantare gli stadi con quella trasfigurazione della sua “Quelli che benpensano” che è “Quelli che non pensano”, lui, Francesco Di Gesù, anzi Frankie hi-nrg mc, trova modo di reinventarsi con uno show in bilico tra ilconcerto e la performance.
“Quelli che benpensano” ancora sulla bocca di tutti dopo ventotto anni, chi l’avrebbe detto?
“Se è nel cuore e nella mente di tante persone, vuol dire che qualcosa di buono c’era”.
Pure nel rap, a dispetto delle credenze, non si scrivono brani in 5 minuti.
“Dipende. Il testo di un altro mio pezzo di successo come ‘Fight da faida’ lo scrissi di getto, quasi senza cancellature. Ma non può essere quella la regola. La stragrande maggioranza delle volte, per me è necessario, riflettere, tornare sopra, rifinire, quel che sto scrivendo. Soprattutto alleggerire, togliere. Come diceva Coco Chanel: per poter essere veramente elegante, una volta che hai finito di vestirti devi metterti davanti allo specchio e toglierti tre cose che hai addosso…”.
Lavorare di sottrazione.
“Una delle cose più complesse da fare. Ennio Flaiano era solito dire: scusatemi, ma non ho avuto il tempo di essere sintetico”.
Frutto dell’età?
“Come nella vita, non c’è una regola aurea. In alcune cose mi sembra di essere più istintivo adesso di un tempo, perché l’esperienza mi incoraggia ad abbreviare, se non addirittura a saltare, certi passaggi. E questo a dispetto della vulgata che da giovani si è più impulsivi. Non è detto. Da giovane non mi sarei mai immaginato di proporre uno spettacolo per voce e batteria”.
Perché?
“A quel tipo di sintesi ci sono arrivato col tempo. E non sto nella pelle dallo scoprire cosa ne pensa il pubblico, perché io, riascoltando le prove, ne sono entusiasta”.
Meglio così senza rete o con le spalle coperte dalla band?
“Sinceramente, le spalle me le sento coperte pure quando sono in scena da solo con un microfono. La bontà di quando canto a cappella, la bontà dei testi di cui mi sono assunto la responsabilità a suo tempo e che rinnovo un po’ ad ogni esecuzione, mi fanno sentire tranquillo. Protetto da una corazza che mi consente di affrontare il tempo con energia”.
“Voce e batteria” non è l’unica dimensione in cui la si può vedere in scena questa estate.
“Se quella è la novità, in agenda ho concerti in chiave più tradizionale, un monologo teatrale tratto dal libro ‘Faccio la mia cosa’, i dj set. Però le mie energie sono concentrate su ‘Voce e batteria’ in cui con Stolfi alla batteria siamo riusciti ad ottenere una sintesi, un distillato, di quello che per noi è la musica, l’hip hop, il messaggio, per consentire alle persone di ritrovarsi. La cosa più necessaria in questo momento: vedersi di persona, fisicamente, nello stesso spazio e condividere la stessa energia ballando”.