PIERO LOTITO
Cultura e Spettacoli

Non finisce mai l’avventura di Tex, ranger 'milanese' capo dei Navajos

I 70 anni del mito creato da Gianluigi Bonelli e Aurelio Galleppini

TEX con fucile e pistola

Milano, 28 gennaio 2018 - Chissà se riconosceranno lo jus soli almeno per lui, che nacque a Milano nel 1948, a disastro mondiale da poco finito, in quello che seraficamente chiamiamo «immediato dopoguerra». Una cittadinanza, ordinaria o onoraria che sia, la meriterebbe. E se la città fosse appena più spiritosa, gli verrebbe perfino intitolata una via: «via Tex Willer, eroe dei fumetti». Popolare quanto Garibaldi, ammirato come Superman, è senz’altro lui - nella speciale repubblica del fantastico alla quale tutti, piccoli e adulti, amiamo abbandonarci - il personaggio del Novecento (e oltre). Ha 70 anni, Tex, e certo non li dimostra. Non è un modo di dire, sembra nato ieri: stessa freschezza, uguale nostra emozione nel… tenerlo tra le mani, identica la sua potenza nel pugno e medesima la sua mira con la pistola. Con il ranger, però, bisogna andarci piano, perché si rischia l’esaltazione, si scivola facilmente nell’entusiasmo infantile. Del resto, come si fa? Basta chiedere a uno qualsiasi della massa sterminata dei suoi lettori: si scalderà, userà superlativi e iperboli per parlare di questo incorruttibile uomo del West, che si farebbe ammazzare per difendere un debole (ma vallo ad ammazzare, uno che ti pianta una pallottola in fronte in un amen), cavalcando per pianure e canyon dal Texas all’Arizona in sella al suo Dinamite e accorrendo ad aiutare il povero colono angariato da una banda di banditi e la ragazza perseguitata dal figlio bullo del ricco possidente. Lui è Tex, il più moderno degli eroi impossibili. Tanto attuale e, insieme, antico nella sua nobiltà d’animo, da essere ormai un mito. Un classico.

È dunque il 1948, quando un disegnatore dall’animo gentile, Aurelio Galleppini (1917-1994), nato in provincia di Grosseto da genitori sardi, che ha già un buon nome per aver lavorato con Mondadori, Nerbini e per l’Intrepido della Casa Editrice Universo, viene chiamato a Milano da Tea Bertasi Bonelli, moglie separata di Gianluigi Bonelli e responsabile delle Edizioni Audace. Gli si chiede una mano per rilanciare l’azienda illustrando le storie di due nuovi personaggi creati dallo stesso Gianluigi: Occhio Cupo e Tex Willer. In redazione, dove si lavora giorno e notte, e vi si dorme pure, si punta quasi tutto sul primo personaggio, mentre l’altro è ritenuto un ripiego, una riserva. Galleppini (in arte Galep) dedica anima e corpo e finezza di disegno a Occhio Cupo, giustiziere mascherato del Settecento, lasciando le ore notturne al texano, dandogli a caso, per far prima, le fattezze di noti attori western del momento: Gary Cooper e Randolph Scott. Ma vai a sapere come vanno le cose del mercato: Occhio Cupo, quindicinale, si rivela un flop e finirà col chiudere dopo pochi numeri, e Tex, uscito il 30 settembre, pur schiacciato dalla concorrenza di fumetti di grande successo quali Il grande Blek e Capitan Miki, vende un buon numero di copie col suo primo fascicolo settimanale, “Il totem misterioso”, per non fermarsi più e diventare un fenomeno editoriale, colonna portante della casa editrice oggi intitolata a Sergio Bonelli, figlio di Gianluigi e come lui felice sceneggiatore. Galep disegnerà le storie di Tex per molti anni, poi aiutato da altre mani. Ma sue sono le prime 400 copertine.

Per i pochi che non conoscono il suo mondo, Tex è anche il capo dei Navajos avendo sposato Lilyth, figlia di Freccia Rossa, a sua volta grande capo di questa tribù di pellirosse. I suoi pards sono il figlio Kit (Piccolo Falco), il vecchio e sarcastico Kit Carson, e il fiero guerriero navajo Tiger Jack. Messi assieme, i quattro sono una macchina da guerra che travolge ogni iniquità, una miscela che entusiasma tuttora folle di lettori in Italia e all’estero (tra gli estimatori, perfino Umberto Eco), ispira volumi di saggistica, tesi di laurea, mostre, dibattiti e film (Tex e il signore degli abissi con Giuliano Gemma). Ristampe, fascicoli e collane speciali, albi d’oro, piccoli e grandi formati: un ciclone chiamato Tex. Schiere di intellettuali si sono interrogati sul segreto di questo successo, che forse va semplicemente ricercato nella personalità di un eroe antirazzista, pervaso di un senso profondo di giustizia, primo tra i personaggi del fumetto a restituire ai nativi d’America (i nostri “indiani”) la dignità loro sottratta dal colonialismo interno. Un anticipatore, insomma, della moderna sensibilità. Se vi pare poco, come dice Tex, «che il diavolo mi porti!».