
Laura Marinoni, milanese, attrice e cantante, 64 anni il 28 maggio Da sempre fa girare teste e applausi Da mercoledì è al Carcano nei panni di Violet Venable
Milano – Ci si accorge di lei se solo entra in una stanza. Come se cambiasse la chimica dell’aria. Figurarsi sul palco. Una diva, Laura Marinoni. Da sempre a far girare teste e applausi. Questa volta interpretando Violet Venable, ricca donna sconvolta dalla morte del figlio Sebastian, poeta (letteralmente) divorato dai ragazzini con cui si accompagnava. Verità scomoda. Che la madre cerca di nascondere, minacciando di far lobotomizzare la povera Catharine, unica testimone. Testo misterioso “Improvvisamente l’estate scorsa“ di Tennessee Williams, da mercoledì al Carcano dopo l’ottimo debutto al Lac di Lugano. Una coproduzione. Affidata alla regia di Stefano Cordella. Lavoro ispirato. E cast solidissimo. Con l’attrice milanese insieme a Edoardo Ribatto, Leda Kreider, Elena Callegari e Ion Donà.

Laura, come definirebbe Mrs Violet?
“Una mitomane. Perché parliamo di una donna che vive in una dimensione di rimozione, a cui si aggiunge questo doloroso, recentissimo lutto. Con la morte del figlio le viene a mancare tutto, dopo che per anni ha vissuto da sola con lui, in un regime di coppia”.
Una donna di rara cattiveria.
“Orribile e snob. Ma anche tenera e molto umana. Sta rischiando la vita e la testa, un classico personaggio di Williams, come Blanche DuBois. Un collega ai suoi tempi lo criticò per il fatto di scrivere profili troppo complessi. “But people are so complex!“, rispondeva Tennessee. Non ha mai descritto nulla che non esistesse già nella realtà. Pensiamo anche all’ossessione per il denaro”.
Un’ossessione che riguarda tutti.
“Già, perfino il dottore. La stessa volgarità che ritrovi ne “La gatta sul tetto che scotta“. Rimane che la complessità sia divertente, mi piace confrontarmi con questo livello di colori e di sfumature. Anche se la stanchezza è tanta. Nella terza parte rimango per venti minuti chiusa dentro una macchina, prima del monologo conclusivo. È un attimo perdere concentrazione e forza emotiva”.
Davvero si diverte?
“Sempre, se no farei altro. E in questo devo ringraziare i miei insegnanti di quando ero ragazza, Massimo Ferrero e Peppino Patroni Griffi. Loro mi hanno passato l’idea del teatro come gioco. Solo così scatta la scintilla. Poi io rimango un’istintiva, piango, la vivo fisicamente. Ma sono sempre la bambina che ripeteva: “Facciamo che io ero…“. Tutto questo però succede solo se trovi l’ambiente giusto, un’armonia nella produzione. Come in questo caso”.
Ha sempre confidato anche lei nella gentilezza degli sconosciuti, come Blanche?
“Proprio così! Mi viene facile avventurarmi, anche in compagnia di chi non conosco”.
Quando ha scelto il teatro?
“Prestissimo. Già a nove anni facevo tre volte alla settimana le prove per gli spettacoli che allestiva un prete illuminato all’Oratorio del Redentore, sul palco di quello che è diventato il cinema Palestrina. Alle medie mi portarono invece al Piccolo per i grandi spettacoli strehleriani: “Il giardino dei ciliegi“, “Re Lear“, “La tempesta“. Quando vidi la Lazzarini volante capii che quello era il posto in cui volevo stare. Tornata a casa lo dissi subito a mia madre, farmacista, e lei rispose: “Vedremo…“ Me lo ricordo perfettamente. Io però avevo avuto una visione”.
Ma è vero che non si piaceva da ragazza?
“Ero molto magra, con questa bocca grandissima. Andavo in giro mordendomi le labbra per non farla vedere, quelle cose sceme che fanno le adolescenti. Oggi guardo le foto di allora e penso che ero fuori di testa. Ma non mi sono mai affidata alla mia fisicità, l’ho compresa tardi e va bene così. S’invecchia meglio”.
Spettacolo del cuore?
“Il “Sei personaggi“ di Patroni Griffi mi ha fatto conoscere e sbocciare. “Lolita“ di Ronconi rimane indimenticabile, così come le tragedie classiche a Siracusa. Ma il Tram e “Le lacrime amare di Petra von Kant“ di Antonio Latella sono stati una svolta dal punto di vista attoriale: sono maturata, spingendomi da qualche parte che non conoscevo. Comunque ho assorbito di tutto in questi anni, mi sembra di avere un patrimonio dell’umanità dentro di me”.
Perché ha fatto così poco cinema?
“Bisognerebbe domandarlo a chi non ha telefonato. Effettivamente rimane un po’ misterioso. Ho avuto un paio di occasioni anni fa, poi scelsero attrici internazionali. Ma non ho il magone su questa cosa. Ho sempre voluto il teatro e oggi vivo una vita densissima, piena di calore. Meglio di chi ti chiede un selftape in tre lingue differenti ad agosto”.
Vita vissuta?
“Già. E non hanno nemmeno risposto”.
Allora rimaniamo a teatro: il ruolo nel cassetto?
““La visita della vecchia signora“ di Friedrich Dürrenmatt. Così ironico, pungente. Un altro mostro, dopo Mrs Violet”.