Silvia Mezzanotte e l’omaggio a Mina nei teatri: “Noi boomer esistiamo e cantiamo”

Di scena al Nazionale una storia d’amore moderna scandita dalle canzoni della Tigre di Cremona. “Questo repertorio in radio non trova più spazio, in teatro invece sì: la gente ha voglia di ascoltarlo”

Silvia Mezzanotte

Silvia Mezzanotte

Milano – Silvia lo sa. Per un’"interprete di cose belle" come lei non c’è niente di più emozionante del mettersi alla prova con le canzoni di Mina. Parola di ex Matia arrivata nel 2002 sul gradino più alto del Festival di Sanremo. Le ragioni del suo sì a "Vorrei che fosse amore", lo spettacolo musicale sul repertorio della Tigre di Cremona in programma giovedì prossimo al Nazionale e il 4 gennaio 2025 al Donizetti di Bergamo, si deve a questa convinzione. Dei quattro spettacoli che Silvia Mezzanotte ha in tour quest’anno l’omaggio ai mondi di “E se domani”, “Amor mio”, “Città vuota”, “Ancora ancora ancora”, “Insieme” e tutte le altre, rappresenta una sfida nella sfida. "In quel che faccio mi sento orgogliosamente boomer" ammette. "Un privilegio che il pubblico mi accorda grazie proprio al repertorio scelto. Oggi sembra quasi che nelle cose della musica la generazione a cui appartengo non esista più. E invece noi siamo vivi. Magari certe canzoni in radio non trovano spazio, ma a teatro sì. E se la gente viene vuol dire che ha voglia di ascoltarle…".

Voi le unite in una storia che parte da quella notte d’estate del ’78 in cui la Divina salì per l’ultima volta i gradini del palco, a Lido di Camaiore, sotto il tendone di Bussoladomani.

"Sì, Gabriele Colferai, autore e regista dello spettacolo, ha immaginato che i due protagonisti della vicenda, interpretati da lui stesso e da Beatrice Baldaccini, s’incontrino lì quel 23 agosto. Le canzoni tirano i fili della narrazione che, però, non è legata a Mina, ma ai sentimenti dei suoi brani. Una storia d’amore moderna in cui, alla fine, è la protagonista a decidere, scegliendo di andarsene per la sua strada".

Come avete scelto il repertorio?

"Selezionando con una cura estrema canzoni che entrassero al meglio nella storia, che avessero un posto preciso nell’immaginario collettivo del pubblico e che si adattassero bene alla mia vocalità".

Qual è il suo rapporto sentimentale col mito-Mina?

"Ho iniziato a cantare le sue canzoni in pubblico attorno ai 17-18 anni, quando facevo pianobar, poi ho smesso per il timore di scivolare nell’imitazione e quindi di iniziare a giocare una partita persa in partenza. Così, quando nel 2016 ho partecipato a “Tale e quale show” e l’insegnante mi ha chiesto se conoscessi “Brava”, le ho risposto di sì puntualizzando che non l’avrei mai interpretata perché sarebbe stato folle avvicinarsi alla canzone più iconica della nostra cantante più iconica".

E invece...

"Mi ha chiesto solo di accennarne un pezzetto davanti all’iphone, poi ha mandato la registrazione in produzione e il venerdì successivo mi sono ritrovata incastrata. Ricordo ancora le 10 gocce di Ansiolin mandate giù prima di scendere le scale dello studio. Ero terrorizzata".

Poi?

"Sarà stato il trucco e parrucco, l’abito di scena, le immagini in bianco e nero di Mina proiettate sugli schermi, ho preso fiducia trasformando l’imitazione in omaggio e non solo ho vinto la puntata, ma poi ho vinto l’intero programma. Ora “Brava” è un brano che mi sento autorizzata a fare un po’ più di prima".

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