
Alessandro Robecchi, scrittore, giornalista, tra gli autori degli spettacoli di Crozza
Milano – “La Milano che racconto? High society, ristoranti stellati. Cattivissima. Una città respingente, i prezzi sono londinesi, gli stipendi italiani”. Alessandro Robecchi, scrittore, giornalista e autore per la tv, introduce così il suo ultimo libro, “Il tallone da killer“ (edito da Sellerio) che presenterà lunedì 5 maggio alla Feltrinelli di piazza Piemonte (ore 18,30, con letture di Gigio Alberti, in dialogo con Alessandro Trocino). Certo, Milano da sempre è nel mirino della sua denuncia sociale ma stavolta, ci tiene a dirlo, “volevo dare più un tono da commedia, e sollevare ancor di più il velo sui problemi etici, sul deserto di valori, dei protagonisti, ma che riguardano tutta la società”. Un noir, ovviamente. E si ride, anche molto. Protagonisti due killer, che ammazzano per soldi, il Biondo e Quello con la cravatta, due soci affiatati, imprenditori del crimine e con un’etica del lavoro calvinista, guidati dalla razionalità dell’imprenditore previdente, ma che poi le complicazioni non mancano, in una sorta di ottovolante di equivoci, di colpi di scena, di imprevisti.
Robecchi, senza spoilerare molto, ma vista con gli occhi de Il Biondo e Quello con la cravatta che Milano traspare?
“È una città che ha paura di non farcela, che premia solo quelli che sfondano e lascia indietro tutti gli altri. Una città dove devi avere molti soldi per vivere bene. Mi risulta, dalle statistiche, che ci sia una fuga dei ceti popolari, circa 400 mila negli ultimi anni hanno abbandonato Milano per i centri limitrofi, mentre importiamo milionari che vengono volentieri a vivere qui. Una volta era una città accogliente, operasa, dove la borghesia costituiva la spina dorsale, oggi il ceto medio è spaventato”.
Quindi in una città così se fai il killer e vuoi vivere bene devi fare un salto di qualità, il ceto medio è in crisi e i nostri due uomini guardano oltre, l’obiettivo è un arcimilionario, un esponente dell’altissima finanza che vive in una favolosa non-zona sospesa tra Londra e Milano...
“(Sorride Robecchi, ndr) Come dicono i miei personaggi il “comparto che non conosce crisi è quello del lusso, quindi conviene ammazzare i ricchi“. La cosa divertente? Hanno problemi di marketing, non possono fare pubblicità e si affidano al passaparola, ad un necrologio sul giornale per raccattare clienti. Vita umana contro soldi, di che ci stupiamo? Tutti i giorni succede, non certo ammazzando, per carità! ma in altre forme. Questo scambio fra la vita e l’economia avviene quotidianamente in qualsiasi società capitalistica. Milano non sfugge, ovviamente, a questa regola. Una città dove essere milionari aiuta molto, abbiamo i salari fermi da trent’anni”.
È però la sua città...
“Sono nato qui, vivo qui e le voglio bene ma proprio per questo posso permettermi di odiarla in modo cristallino. Milano oggi in Italia rappresenta la metafora del turbo capitalismo, chi ha i soldi sopravvive e chi non li ha si arrangia. Io lo dico sotto forma di commedia, ci sono tanti morti, per carità non fatelo a casa, è anche la Milano del Monterossi ma senza l’ascensore sociale....che è bloccato, anzi le scale sono insaponate, quindi attenzione, è una città dove è difficile fare il salto di specie...”.
I giovani vanno via...
“Si formano qui e poi cercano spazio e lavoro all’estero. Li capisco”.
A chi si è ispirato per i personaggi?
“Erano comparsi dieci anni fa in uno dei miei primi libri. Ci ero affezionato, così ho pensato di dare loro una nuova chance....nel frattempo non mi hanno deluso (ride) hanno fatto una bella carriera”.