
Pablo Miguel Lombroni Capalbo, in arte Shablo, 44 anni, con Guè, Joshua e Tormento: la canzone si intitola “La mia parola“
Milano – Pablo è vivo. Shablo rinasce dalle ceneri di Pablo Miguel Lombroni Capalbo, il nome anagrafico che utilizza lontano dalle vette dell’hit-parade per riattaccare l’ombra a terra, e vola a Sanremo in compagnia di Guè, Joshua e Tormento. Domani all’Ariston li attendono le prove generali del Festival e poi si comincia. Già perché, a differenza di certi blitz del passato nei panni di produttore, stavolta c’è il brivido caldo di una gara da protagonista a prendergli la mano e a trascinarlo nell’agone festivaliero. Dalla devozione a San Paolo, protettore di quei tarantati a cui in estate ha prestato cuore e ritmo nei panni di maestro concertatore del concertone di Melpignano, a quello per San Remo, protettore delle classifiche, il passo è lungo. Ma lui, il producer argentino con un piede a Milano e l’altro in Umbria, 44 anni, ostenta tranquillità. O, almeno, questa è l’immagine che intende offrire parlando de “La mia parola”. “Da un lato è la chiusura di un cerchio e dall’altro ne apriamo uno nuovo portando sul palco tre generazioni diverse di urban” ammette “Shablo Feat”, come l’ha chiamato due giorni fa Bruno Vespa a “Porta a Porta” equivocando sul nome del progetto “Shablo feat Guè, Joshua e Tormento”, nel cuore del Moysa, l’hub creativo che s’è costruito in via Watt assieme al manager dei Måneskin Fabrizio Ferraguzzo. “Tormento è stato un riferimento tanto per me e per Gué che da adolescenti ascoltavamo i Sottotono”.
Gué è suo coetaneo.
“Joshua, invece, rappresenta la nuova generazione. La musica non dura poche settimane come oggi si tende a pensare e gli artisti di età diverse possano essere d’ispirazione gli uni per gli altri. Con Gué ho aperto pure una nuova etichetta discografica, la Oyster Music. Una fabbrica di idee, di arte, dove mettere in primo piano l’autenticità, la cultura hip-hop, ma soprattutto la musica”.
Per lei tutto è cominciato all’inizio degli anni Novanta.
“Ho iniziato a lavorare nella musica a 12 anni, quando vivevo a Perugia, accompagnando l’Olympia Brass Band di New Orleans per le vie della città durante Umbria Jazz. Il giorno stavo a loro disposizione e la sera entravo col mio pass ad ascoltare i mostri sacri in cartellone“.
Concerti memorabili?
“Una bella impronta sui miei gusti musicali la lasciò nel ‘95 il progetto Guru’s Jazzmatazz col suo crossover di jazz e hip-hop. Pure l’incontro tra Herbie Hancock e gli US3 sulle note di ‘Cantaloupe Island’ dell’anno precedente mi aveva spiazzato e sorpreso. Sono andato avanti a fare l’accompagnatore degli artisti fino al 2000 e quella è stata una scuola importantissima per un ragazzino della mia età. Un imprinting importantissimo poi per la mia attività di produttore”.
Perché?
“Perché il rap degli anni Novanta con cui sono cresciuto s’ispirava tantissimo al jazz, al funk, al soul e più in generale alla musica nera degli anni Sessanta e Settanta. Oggi quel retaggio culturale s’è un po’ perso, mentre allora era imprescindibile, perché tutti i numeri uno la campionavano nei propri pezzi. Così, la prossima estate, ho pensato di girare i più importanti festival italiani un tributo alle origini del rap in chiave jazz dando vita a dei mash-up tra brani miei e capolavori dello stesso Hancock, di John Coltrane, di Miles Davis o della mia amatissima Lauryn Hill. Jazz pure formazione che avrò accanto, impreziosita da musicisti bravissimi tra cui Mimì, vincitrice dell’ultima edizione di X-Factor, e Joshua, che mi affianca pure nell’impresa di Sanremo”.
Cosa l’attende dopo Sanremo?
“La mia casa a Piegaro nella Valle del Nestore, tra i miei mille olivi e il mio allevamento di alpaca. D’altronde mia moglie è umbra. L’ho conosciuta all’età di 16 anni e non ci siamo più lasciati. Da lì volerò in India, a Coimbatore, per un’altra settimana rigenerante con Sadhguru, personaggio incredibile che mi ha iniziato allo yoga e alla meditazione. Poi rientrerò a Milano per finire il lavoro sul mio disco in uscita a primavera e su quelli di altri protagonisti di questo festival come Rkomi, Gaia e Irama”.