EMILIO MAGNI
Cultura e Spettacoli

Partita a scopa con l’avvocato Prisco: così nacque il risotto 'Gianni Brera'

Negli anni Settanta preparato come sfizio di una lunga serata. E sui Navigli c’è ancora in menu

Gianni Brera

Milano, 7 gennio 2021 - Oltre che essersi inventato una sua bella ricetta del risotto alla milanese, l’immenso Gianni Brera si dilettava, con grande impegno e sorridente passione, a cucinare di persona questo suo delizioso mangiare, chiamato anche “el risott giald”, in omaggio a “sua maestà” lo zafferano. Ce lo cucinò una memorabile sera nella grande e facoltosa cucina della casa di Garbagnate Rota, sulla riva del “Pusiano”, la sua “casa a lago”. Gradii fino all’estasi quella delizia, assieme a Remo Griglié, il suo consuocero che essendo torinese e un po’ rotondo chiamava “Cavour” ed altri amici brianzoli che il grande giornalista e scrittore amava avere in compagnia in quanto li definiva “dei nostri”.

Mentre le epiglottidi degli “attavolati” andavano in esaltazione, Brera spiegava che per il suo risotto la cipolla veniva messa a soffriggere con cura e prima che diventasse dorata occorreva aggiungere “la midula” del manzo, altrimenti la cipolla andava oltre la cottura del riso: avvertimento che si può leggere ancora in alcuni suoi libri. Brera, tra le tante delizie culinarie lombarde amava il risotto tanto che oltre ad aver compilato una sua ricetta, in una memorabile sera tarda di tanti anni fa, seduto al tavolo del famoso ristorante Gran San Bernardo del grande chef Alfredo Valli, inventò un risotto nuovo, o per meglio dire una variante del “risott giald”. Con grande piacere ho scoperto queste invenzioni breriane in una trattoria milanese, la “Conchetta” vicino al Naviglio, che ha una lunga storia. Ha pure affezionata clientela anche perché nel suo menù c’è tanto risotto, tra cui il “Risotto Gianni Brera”.

Ma come fu quella prima volta al Gran San Bernardo? Ce lo ha raccontato in diretta, seduto a un tavolo della “Conchetta” il cui Pier, il proprietario è suo grande amico, lo chef, ora in pensione, Maurizio Ghiringhelli, che per tanti anni ha lavorato al Gran San Bernardo alle dipendenze di Valli. Racconta Ghiringhelli: "Era una sera della fine degli anni Settanta, mi pare, e terminata la cena da un po’, la congrega era impegnata in una partita a scopa. C’erano Brera, l’avvocato Peppino Prisco, il famoso giornalista della Rai Beppe Viola e il “patron” del Gran San Bernardo Bernardo Valli. L’atmosfera però si stava appassendo, forse anche per le numerose bottiglie di vino di qualità svuotate. E allora Brera propose: “Perché non mettiamo qualche cosa sotto i denti”. Io che ero lì ad assistere sono andato in cucina e sono tornato con il risotto avanzato. Era però risotto alla pavese. L’ho “appiattellato” e rimesso sul fuoco per il cosiddetto salto, una leggera scottatura: un bel risotto piacevolmente croccante, saporito. Lo abbiamo chiamato subito “Risotto Gianni Brera”. L’ho servito: una felicità".

Brera teneva molto anche al risotto alla pavese, il risotto delle sue contrade padane. Ma come deve essere? Lo chef Ghiringhelli ha spiegato che per il vero risotto alla pavese occorrevano vino rosso barbera (meglio dell’Oltrepo), la luganega, fagioli borlotti, riso Carnaroli, sugo di pomodoro, burro gelido e una bella mantecatura di grana padano. E di già che eravamo in ballo, a “contarla su” volteggiando amabilmente sul tema del risotto alla milanese, con la variante pavese e infine con il risotto al salto di Gianni Brera, Ghiringhelli ha tira qua “el risott cun l’unda”. Il vero risotto alla milanese infatti deve fare l’onda. Non deve essere troppo asciutto, nemmeno troppo molle. L’onda deve prendere forma quando si dà un colpetto in su alla pentola che lo contiene prima di servirlo in tavola. Brera avrebbe apprezzato.