Elena Daverio ricorda il marito Philippe: "Spero che Milano non lo dimentichi"

Critico d’arte e geniale divulgatore di cultura, appassionato e curioso

Elena Gregori Daverio, moglie di Philippe

Elena Gregori Daverio, moglie di Philippe

Milano, 25 aprile - L’appuntamento è finalmente in presenza, all’angolo di una trafficata via Torino che incrocia via della Palla. Elena Gregori Daverio mi raggiunge, al guinzaglio c’è Kibi, sottratto ad un triste destino di abbandono in Puglia, e insieme percorriamo il tratto che ci porta in piazza Bertarelli 4, casa e studio di Philippe Daverio, il compagno di una vita, che l’ha lasciata otto mesi fa. Una brutta malattia. "Che scherzo mi ha fatto, neanche siamo riusciti a festeggiare i 50 anni insieme. Lo sa? Ci siamo conosciuti all’università e da allora non ci siamo più lasciati". E la fortuna fu che il grande Giorgio Bocca, amico di suo padre, giornalista de “Il Giorno“ negli anni di Mattei, a cui non andava troppo a genio quel ragazzo stravagante, lo tranquillizzò. "Ti è andata bene", disse, come sempre senza mezzi termini, il Bocca. "È geniale...se non scoppia prima". Così Daverio passò uno dei primi esami, ma quest’ultimo...no, il Covid non c’entra, si affretta a dire Elena ma il cancro sì e comunque "non ci aspettavamo questo improvviso addio".

Attraversiamo il primo cortile dello storico Palazzo Ravizza, dove abitò la figlia di Alessandro Manzoni con Massimo d’Azeglio,poi il secondo, e ci infiliamo in un luogo magico dove - varcata la soglia - tutto parla di Philippe, fra quadri, compreso un ritratto di Hayez, libri, oggetti curiosi. Sullo parete grande, a destra, un affresco del Montorfano, di poco successivo all’altro realizzato in Santa Maria delle Grazie che fronteggia L’Ultima Cena di Leonardo. Pare quasi di essere accolti da lui in persona, quando lo sguardo incrocia il suo nella splendida foto, un Philippe elegantissimo, come sempre, con il cappello in mano, che saluta...

Benvenuti nel suo studio-atelier, presto sarà compreso nei giri di visita, non per turisti distratti, che a lui piacevano poco anche se non li trascurava, pensando pur sempre di poter riconquistare le masse ad una visione più "slow" (ahinoi è arrivato prima il virus), ma per viaggiatori più inclini ad un "vagabondare lento", insazialmente curiosi di godere delle piccole cose, di preziose, inaspettate scoperte. «Eh sì, gli piaceva questa foto, e anche questo posto che è come se l’avesse scoperto lui, un ex refettorio del monastero di Sant’Agostino Bianco", racconta Elena. Sorride e lo sguardo si fa teneramente affettuoso pensando a Philippe. (Silenzio)...Arriva Sebastiano, 35 anni, il loro unico figlio. Affiancava Philippe nella realizzazione di video, gli ultimi anche per Striscia la Notizia.

Chi era Philippe Daverio? Un raffinato intellettuale, quasi “patologicamente“ curioso, un talentuoso comunicatore, un dandy, elegantissimo nei modi e nel vestire, "metteva ore per scegliere cosa indossare, così io cercavo di non esserci anche se per aiutarlo avevo fotografato tutti i suoi vestiti, ha più di cento panciotti! Siamo alla storia del Costume", ride (gioiosa) Elena. Sebastiano: "Per me papà è stato wikipedia prima di wikipedia, non c’era una mia domanda che restasse senza risposta! Ingombrante? Questa potenza intellettuale può essere un’arma a doppio taglio in certe situazioni".

Lo è stata? "Non so dire, certo mi accorgevo che era diverso dagli altri genitori. Ho una missione da compiere, voglio che Milano non lo dimentichi, tener vita la sua memoria". Finora un solo omaggio, una mostra dalla Cittadella degli Archivi, dedicata a Philippe e al suo impegno per la cultura, per Milano. Elena: "È importante che venga riconosciuta la sua grande capacità e il modo alternativo di divulgare l’arte, anche da chi gli è stato vicino". Sebastiano insiste: "Non voleva essere un trombone, spesso quando scriveva mi chiedeva: si capisce? Non aveva un concetto elitario della cultura, voleva raggiungere tutti. Ho messo su Internet alcune lezioni di un intero anno accademico al Politecnico, e c’è stato un forte seguito. Apprezzano il suo stile".

«Mi piace anche ricordare la sua ironia – aggiunge Elena –. Quando è stato assessore alla Cultura, periodo difficile e straordinario insieme, a chi gli chiese se volesse fare un restauro “filologico“ di Palazzo Reale rispose che per fare un restauro perfetto bisogno riportare il Re! Ci sono stati momenti difficili, come le bombe al Pac, e si è ritrovato a gestire la ricostruzione. Fu finanziata da Caprotti ma pochi sanno che quando arrivarono i soldi da Roma lui e la Giunta decisero di destinarli alle scuole del Sud". Philippe Daverio è stato assessore alla Cultura dal 1993 al 1997,con la Lega di Formentini.

Perché? "Era un momento rivoluzionario per Milano, dopo Mani Pulite" rievoca Sebastiano, "per papà che non aveva pregiudizi, la Lega costituiva il nuovo, il cambiamento. Fu il primo ad installare una pista di pattinaggio sotto il Duomo, molto romantica. E che dire della mostra, originalissima, nel 1995, di Hiroshi Teshigahara, nella sala delle Cariatidi riempita di bambu? La politica gli aprì la strada per la tv, lo volle Pasquale d’Alessandro dopo aver visto una sua intervista. Nacque Passepartout, e l’idea di una cultura dell’arte per tutti".  

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