DIEGO VINCENTI
Cultura e Spettacoli

Neri Marcorè, a teatro come davanti a un falò: "Improvviso, il pubblico decide la mia scaletta"

L’attore e musicista con “Duo di tutto“: da Gaber a De André, Fossati e Fabi, sul palco l’Italia dei cantautori. "Mille pezzi in repertorio, ogni show è nuovo. Una carriera da regista? Aspetto il film giusto per il bis"

Neri Marcorè

Neri Marcorè

Quattro amici e una chitarra. D’accordo: gli amici saranno qualcuno in più, considerando la platea del Teatro Oscar. Ma è un po’ questa l’atmosfera di “Duo di tutto“, nuova parentesi musicale di Neri Marcorè, al solito in compagnia del polistrumentista Domenico Mariorenzi. Dal 24 al 26 maggio in via Lattanzio, tre giorni di pace, amore e cantautorato. Lasciandosi ispirare dal pubblico. E da come ci si sveglia.

Marcorè, come saranno queste serate?

"Fanno parte di un viaggio musicale che ho iniziato dodici anni fa con formazioni diverse, in cui passo da Gaber a De Andrè a seconda dei vari progetti. Diciamo che la cellula base siamo sempre io e Domenico e già in due facciamo un bel casino".

In questo caso l’ispirazione è il cantautorato.

"Sì, non solo italiano. E pensavo di proporre un repertorio diverso ogni sera, con la libertà di poter decidere sul momento insieme agli spettatori, a seconda se si vuole prendere una piega più romantica, energica o poetica. Credo che il nostro baule di canzoni raggiunga ormai il centinaio di pezzi".

Manca solo il falò sulla spiaggia.

"Effettivamente è un po’ così l’atmosfera".

Ma lei era quello che portava la chitarra o che parlava con le ragazze?

"I miei me ne regalarono una a 14 anni ma non ero il tipo che la usava per fare amicizia. Anche perché ero molto timido, preferivo suonare nella mia camera, mi piaceva tantissimo Bennato. Devo ammettere però che la mia prima volta sul palco è stata per cantare. Avevo dodici anni e Giancarlo Guardabassi aveva voluto che mi esibissi a un suo show della domenica mattina. Lui dirigeva un’emittente molto ascoltata nelle Marche e aveva intravisto qualcosa un giorno in cui partecipai a un quiz radiofonico. Da lì iniziai a fare spettacolo in giro per la regione".

Insomma: timido fino a un certo punto.

"Mi sa che sotto sotto c’era qualcosa che già spingeva per venire fuori, una sorta di sfrontatezza. La ricordo come una bella esperienza, motivo di gioia per i miei genitori. Dopo un po’ arrivarono l’ansia da prestazione e la paura, ma in realtà ero felice appena salivo sul palco".

Le imitazioni?

"Copiai tutto da un altro artista che faceva parte dello show ma erano cose che mostravo solo agli amici. Il mio obiettivo rimaneva finire la scuola di interprete, volevo fare il traduttore. Anche quando arrivò “Stasera mi butto“ e ormai avevo il famoso pezzo di carta, in realtà non vedevo chissà quale futuro nel mondo dello spettacolo. Però mi divertiva. E il fatto di non avere aspettative trasformava tutto in un grande gioco, perfino quando eravamo ospiti della trasmissione di Raffaella Carrà. Alla fine forse è stato il destino".

Lei ha partecipato anche alla Corrida di Corrado.

"Due anni prima, vincendola, che comunque non fa mai male… Corrado aveva questa ironia speciale che non mancava mai di rispetto a chi gli stava di fronte, nonostante spesso si trattasse di gente improbabile. Mi è servito molto. Prima di tutto per capire che in scena non ci stiamo mai giocando la vita. Non è un intervento a cuore aperto".

Il disincanto è la sua cifra stilistica.

"Insieme al divertimento, non può mai mancare in questo mestiere. Sono le ragioni per cui faccio tante cose diverse, a partire dalle parentesi musicali che mi ritaglio fra i vari impegni".

Per quale canzone si emoziona?

"Mi piace la filosofia che traspare in “C’è tempo“ di Fossati. I periodi difficili li abbiamo tutti, quando ci sembra di non vedere un futuro. Ma si possono superare, non lasciandosi travolgere dal momento e ricordandosi che non si è soli, che abbiamo risorse e aiuti inaspettati. Ma trovo bellissima anche “Vince chi molla“ di Niccolò Fabi, un invito a non intestardirsi nelle situazioni per potersi ritrovare con quello che ci appartiene sul serio".

Da poco ha esordito al cinema come regista per “Zamora“: che esperienza è stata?

"La rifarei mille volte. Ti accorgi di dare vita con gli amici a qualcosa che rimarrà a disposizione di chiunque e la risposta di chi l’ha visto è stata meravigliosa. Ora mi godo il momento e aspetto un’altra storia che mi dia la stessa forza del libro di Roberto Perrone".