Teatro Nuovo, in scena 'Hairspray - Grasso è bello'. Un musical contro il razzismo

A Milano dall'1 al 18 febbraio

Lo spettacolo

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Milano, 1 febbraio 2018 - Good Morning Baltimore. Pure nel Maryland il buongiorno si vede dal mattino. Quello che splende sui sogni di Tracy Turnblad e di sua madre Edna in “Hairspray - Grasso è bello”, il musical da 8 Tony Awards in scena al Teatro Nuovo da domani al 18 febbraio con la regia di Claudio Insegno. Le 2.642 repliche messe in cartellone tra il 2002 e il 2009 al Neil Simon Theatre di Broadway, infatti, continuano a rappresentare la responsabilità che si porta sulle spalle ogni nuovo allestimento del lavoro basato sulle (eccellenti) musiche di Marc Shaiman con le parole di Scott Whittman e il libretto di Mark O’Donnel e Thomas Meehan.

Al Nuovo, nei panni della corpulenta genitrice interpretata sul grande schermo da John Travolta, c’è un Giampiero Ingrassia imbottito di gommapiuma, mentre Mary La Targia è Tracy, Floriana Monici la perfida Velma Von Tussle, Gianluca Sticotti il presentatore Corny Collins e Riccardo Sinisi il belloccio Link Larkin. In tutto ventidue gli attori-ballerini, affiancati da un’orchestra di 12 elementi . La direzione musicale è di Angelo Racz, le coreografie di Valeriano Longoni, i costumi “meravigliosamente elettrici”, come li definisce Insegno, di Alessia Donnini. «E pensare che un tempo facevo Danny Zuko…», si lamenta un Ingrassia, stando attento a non sbaffarsi il rossetto, ripensando ai comuni trionfi con la Monici in “Grease”. Per lui, che è passato da “La piccola bottega degli orrori” a “Full Monty”, da “Nights on Broadway” a “Frankenstein Junior”, il debutto nell’ingombrante silohuette “occupata” otto anni fa da Stefano Masciarelli nell’”Hairspray” allestito da Massimo Romeo Piaparo rappresenta un’inedita prova d’artista.

Prima Zuko, ora Edna, lei Ingrassia con i personaggi interpretati sullo schermo da Travolta ha un certo feeling.

«Già. Anche se il tema della diversità, della paura del diverso, che sta dietro ad ‘Hairspray’ finisce con l’avvicinarmelo più a ‘Cabaret’. Lì c’era la fobia degli ebrei, mentre qui, nella Baltimora del 1962, il razzismo verso la gente di colore, e delle ragazze in carne come Tracy che non rientrano nello stereotipo».

Quanto si è rifatto al film?

«Ovviamente l’ho rivisto, ma l’ho trovato lungo e un po’ datato. Sarebbe stato uno sbaglio rifarmi a Travolta, così ho preferito mettermi davanti al copione e lasciare che Edna s’impossessasse di me».

Questo è un lavoro che diverte e fa pensare.

«Il nostro compito non è salvare il mondo, ma regalare due ore di emozione. Così ‘Hairspray’ è una favola a lieto fine, davanti a cui, magari, puoi anche porti un paio di domande».

Il costume è ingombrante.

«L’ ‘esoscheletro’ che indosso non pesa molto, ma è caldo, molto caldo; mi ci abituerò. Trovo più disagevole ballare con i tacchi».

Ma debuttare a Milano non è un po’ un azzardo?

«La vedo, piuttosto, come una responsabilità. Per avere un riscontro adeguato è necessario mettersi in gioco davanti ad un pubblico esigente; e se qualcosa non fila liscio alla prima sera, tempo una, al massimo due, repliche tutto va a posto».

Un ruolo femminile non l’aveva mai affrontato. Ora cos’altro le piacerebbe mettersi alla prova?

«Vorrei interpretare la parte di un cattivo, per spiazzare il pubblico e mettermi per una volta in panni meno comodi di quelli che indosso normalmente sulla scena».

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