
Michele Gamba ha lavorato con Pappano e Barenboim
Milano, 28 marzo 2016 - Mezz'ora prima di debuttare sul podio del Teatro alla Scala, un podio calcato da Toscanini e De Sabata, Serafin e Gavazzeni, Abbado e Muti, stava «preparando il sugo per la cena». Per tutto il tempo del viaggio in taxi – in una mano la partitura de «I due Foscari», nell’altra un sacchetto Esselunga con giacca e cravatta – ha pensato si trattasse di uno scherzo del suo amico, il tenore Francesco Meli. E invece era tutto vero. Michele Gamba, direttore d’orchestra milanese classe ’83, venerdì è stato chiamato all’ultimo dal Piermarini per salvare l’ultima recita in cartellone dell’opera verdiana.
Maestro, com’è andata? «L’evento più surreale della mia vita. Stavo cucinando un sugo per la cena. Il mio telefonino dice che la chiamata è arrivata alle 19.42».
Il sipario alzava alle 20. «Mi ha chiamato Francesco Meli. Il bello è che avevamo preso un gelato a casa mia nel pomeriggio. Mi ha chiesto se mi ricordassi “I due Foscari” per i quali avevo assistito il maestro Pappano al Covent Garden. Francesco nel cast».
Cosa le ha chiesto Meli? «Di dirigere l’opera alla Scala. Michele Mariotti (ndr il direttore designato) stava male. Lì per lì ho pensato a uno scherzo. Ho preso un taxi da Porta Romana, dove abito. “Mal che vada mi vedrò l’opera”, ho pensato».
E invece? «Mi ha richiamato il Teatro: era tutto vero. E meno male che ero tornato a Milano per Pasqua. In queste settimane sto assistendo Daniel Barenboim per il “Simon Boccanegra” a Berlino. Ho avvertito subito i miei: se avessero sentito di un direttore che stramazzava sul podio della Scala, ero io».
Niente traffico? «Per fortuna no. Il tassista, quando mi ha visto con sacchetto dell’Esselunga e lo spartito che continuavo a sfogliare, avrà pensato a un mitomane».
Una volta arrivato? «Erano le 19.54. Mi hanno buttato in buca. Hanno ritardato l’inizio di un quarto d’ora. Ho chiesto alla spalla dell’orchestra, Francesco Manara di darmi una mano. Poi ho visto Bruno Casoni, direttore del Coro. Quando mi ha chiamato “maestro” ho risposto che ero io a doverlo chiamare “maestro”. Ero stato suo allievo al Conservatorio, quando ero alle elementari. A fine serata son riuscito a dargli del tu».
L’esito della sua prima volta sul podio scaligero? «Un successo. L’orchestra mi ha seguito con grande reattività. Nessun ritardo rispetto ai miei gesti. Mi sembrava di avere sotto mano una Ferrari o una Rolls Royce. E il cast meraviglioso. Un perfetto gioco di squadra».
Il pubblico? «Quando sono uscito sul palco, ho temuto i fischi. Ero al debutto e con un’opera di Verdi. Invece sono arrivati solo applausi. Un pubblico calorosissimo. L’orchestra si è girata verso di me. Un sogno».
Mezz’ora per prepararsi al debutto alla Scala per molti sembrerebbe un incubo. «Quando ti trovi in mezzo a certe situazioni non te ne rendi conto. Sarà stata l’adrenalina. O forse il dubbio, fino all’ultimo, che fosse uno scherzo di Francesco».