DIEGO VINCENTI
Cultura e Spettacoli

Martinitt, oltre i confini del palco: "Qui le persone si sentono a casa"

Stefano Marafante, direttore del teatro dove convivono prosa, cinema e musica: "Siamo uno spazio d’incontro"

Stefano Marafante, dal 2010 direttore del Teatro Martinitt

Stefano Marafante, dal 2010 direttore del Teatro Martinitt

Milano – Teatro, amore e fantasia. Che il Martinitt ormai va molto oltre i confini del palco. Gli spazi in via Pitteri sono infatti un organismo complesso. Dove s’intrecciano prosa, cinema, musica, laboratori, festival. Da una parte la stagione, dedicata alla commedia; dall’altra una realtà ramificata, in dialogo con il territorio.

Come dimostra dal 15 giugno anche il ritorno dell’Arena Estiva con il suo carico di spettacoli, concerti, film e perfino le partite degli Europei. Scommessa vinta per il direttore Stefano Marafante (soc. La Bilancia), sbarcato da Roma nel 2010 per portare a Milano una certa idea di spettacolo dal vivo. Una sfida. Un po’ snobbata dalla critica. Accolta invece dal pubblico: oltre 55mila presenze lo scorso anno e già mille i nuovi abbonamenti al buio.

Stefano Marafante, cos’è oggi il Martinitt?

"Uno spazio d’incontro dove le persone si sentono a casa. Una struttura di 300 metri quadrati che vive su attività diverse ma il cui asse portante rimane la stagione teatrale".

Sembra forte il legame con gli spettatori.

"È così. Aprirci a diverse sfaccettature ci ha permesso di parlare ad ogni età, spesso proponendo anche servizi sul territorio. Tutti piccoli ingranaggi di una macchina molto più grande".

Come si è sviluppato il progetti?

"Volevamo trasferire su Milano il lavoro fatto con il Teatro de’ Servi a Roma. Ci sembrava che mancasse quel tipo di proposta in città e ci fosse spazio per costruirsi una nicchia senza pestare i piedi a qualche collega. Abbiamo quindi partecipato al bando per l’assegnazione ed è andata bene, anche perché molti non lo volevano. Una scommessa, insomma. Un po’ statica fino al covid. Dopo invece è esplosa, sviluppando le potenzialità del posto. Oggi abbiamo riscontri importanti".

I numeri?

"Non solo. Finalmente anche il portinaio e il mio medico sanno che lavoro faccio e che c’è un teatro. Li ritrovo in platea. E questo è un segnale fondamentale".

Si sente snobbato dalla critica?

"Se 55mila persone ci scelgono, parliamo di un qualcosa di importante per il settore. Non indagarlo diventa un errore politico e strategico. Prima mi ci arrabbiavo, oggi a 65 anni ricordo a me stesso che questo lavoro lo si fa per il pubblico. E poi è una dinamica già vista".

In che senso?

"Pensi al cinema con la commedia all’italiana. All’epoca si parlava di Antonioni ma non di certi film, salvo rivalutarli decenni dopo. Ma così si alimenta il fraintendimento che la cultura sia elitaria".

Cosa si augura per i prossimi anni?

"Essere un po’ più sostenuto dagli enti pubblici, che venga riconosciuto il ruolo del Martinitt all’interno della città. E poi mi piacerebbe portare alcuni artisti che sto corteggiando. Ma succederà anche quello, ne sono sicuro".