ANDREA SPINELLI
Cultura e Spettacoli

Marracash, la musica come auto-terapia: “È finita la pace, ho trovato me stesso”. Il nuovo album, già primo in classifica, chiude una trilogia

“Quando ho iniziato io l’unico intento era durare nel tempo, ora si è arsi dalla smania di avere tutto e subito”. E la ricerca continua: “Oggi vedo prodotti modaioli, ho cercato altre sonorità”

Fabio Bartolo Rizzo, in arte Marracash, 45 anni (foto Andrea Bianchera)

Fabio Bartolo Rizzo, in arte Marracash, 45 anni (foto Andrea Bianchera)

Milano, 22 dicembre 2024 – “​​​​​​È l’ultimo capitolo di una trilogia che esplora la ricerca e l’accettazione di sé stessi” dice Marracash a proposito di “È finita la pace”, primo questa settimana nella classifica degli album più venduti e presente in quella dei singoli con tutte e tredici le tracce, otto delle quali nei primi dieci posti. Un terremoto preannunciato dagli sciami sismici lasciati dai predecessori “Persona” e quel “Noi. Loro. Gli altri” arrivato fino alla Targa Tenco. Mentre il mondo dell’urban si arrovella attorno alle polemiche scatenate dalla censura del Comune di Roma a Tony Effe con relativa beatificazione, il rapper della Barona gioca un altro campionato, consolidando il suo ruolo in hit-parade con un disco senza ospiti, fatto di canzoni che prescindono da Sanremo e dalle playlist estive.

“Viviamo un mondo costruito per non farci essere noi stessi” punta il dito “Marra”, all’anagrafe Fabio Bartolo Rizzo, 45 anni. “I social ostentano una falsa idea di libertà, quella di ridurre il consenso solo ai numeri. La conseguenza è che i giovani non riescono più a scegliere una loro strada”. Da qui la massificazione della proposta, frantumata dall’arrivo sulle piattaforme di 50 minuti di musica dal segno diverso.

Una bolla in cui lasciarsi risucchiare…

“Per provare qualcosa d’altro, oggi che la musica è piatta, uniformata, modaiola. Scritta, magari, attorno a un tavolo da sette autori alla disperata ricerca di una formula capace di accontentare tutti, come fanno gli algoritmi. In questo caso, viventi. Ecco perché con i miei produttori, Zef e Marz, ci siamo messi alla ricerca di sonorità diverse. Mossi da finalità diverse. Quando ho iniziato io l’unico intento di chi sia affacciava in questo mondo era durare nel tempo, mentre oggi si vive arsi dalla smania di avere tutto e subito. Se per avere successo e guadagnare, però, rendi la tua vita un prodotto, poi, pur coi soldi e con la fama, non potrai comprartene un’altra”. 

L'esordio sulla scena musicale di Marracash risale al 1999

E finisci un una bolla.

“Una bolla fra le tante dei nostri tempi, fatti di clamori che durano solo qualche giorno, di carriere che evaporano, di miti che si dissolvono, proprio come capita nel mercato immobiliare”.

In “Crash” lei parla di “un governo di fasci che dice frasi preistoriche” e in “Gli sbandati hanno perso” dice “chi crede nei governi, chi invoca i manganelli, chi crede nelle merci e nel denaro, chi ha troppa melanina, chi è troppo meloniano”.

“Penso che essere sé stessi voglia dire pure prendere posizione. La mia è una disistima trasversale, rivolta quindi non solo a chi guida il Paese, ma alla classe politica in generale. Oggi al governo c’è la destra, pure la sinistra però non mi sembra abbia prodotto risultati particolari. E a farne le spese è la gente. Ecco da tempo mi rifiuto di legittimare un sistema malato col mio voto”.

Quali sono le conseguenze di questo stato di cose?

“Il mondo è diventato una polveriera in cui diseguaglianze e mancanza di futuro minacciano di scoccare la scintilla. In giro respiro tanta inquietudine, la gente ne ha abbastanza dei privilegi altrui. Prendi il caso Mangione: non è tanto il gesto in sé che dovrebbe far riflettere, quanto la reazione che ha suscitato”.

In “Soli” c’è un campionamento di “Uomini soli” dei Pooh, mentre nella stessa “È finita la pace” cita “Firenze, canzone triste” di Ivan Graziani e in “Vittima” addirittura la “Butterfly” di Puccini.

“Invece che campionare gli americani, ho tirato fuori certi miei ascolti di bambino, quando mamma d’estate mi riempiva le orecchie di Pooh mentre viaggiavamo verso la Sicilia. Del rap mi resta incollato addosso, però, lo spirito competitivo, la smania di voler essere il migliore. E sotto questo aspetto un disco come ‘È finita la pace’ penso rappresenti un bel guanto di sfida”.

A giugno sbarca negli stadi, con doppio show a San Siro il 25 e 26. Oggi come oggi ci si può permettere il lusso di rimanere due anni senza produrre nuova musica?

“Nel 2023, dopo il Marrageddon portato pure all’Ippodromo La Maura, ho avuto un esaurimento nervoso. Non dovuto alla depressione, ma al grande vuoto che m’aveva lasciato pensare troppo alla carriera e troppo poco agli affetti personali. Ero finito in una bolla e c’è voluta qualche seduta per riuscire a togliere di mezzo i sonniferi. Niente psicologo, però, perché la musica è la mia auto-terapia e ci pensa lei a guardarmi dentro”.