Milano – Qualcuno pensava che sarebbero durati dieci giorni. Invece le Manifatture Teatrali Milanesi festeggiano i dieci anni. Ovvero Mtm, il progetto nato dalla fusione del Litta di corso Magenta con Quelli di Grock, ormai in bancarotta. Non era facile. E non lo è stato. Ma ora la realtà guidata da Gaia Calimani (con la direzione multipla di Gaetano Callegaro, Valeria Cavalli, Antonio Syxty), sembra aver trovato un equilibrio strutturale ed economico. Insieme a un’identità ancora un po’ da definire. Sfumata. Ma che ha saputo fare della propria poliedricità un punto di forza. Fra classici e ricerca, novità e repertorio, azzardi e mainstream. Visione aperta. Curiosa. Declinata in tre sale: Litta, Cavallerizza e Leonardo.
Gaia Calimani, è orgogliosa di questo compleanno?
“Moltissimo. Perché oggi possiamo dire che Mtm è stato un successo. Cosa tutt’altro che scontata visto che non c’erano precedenti, l’ultima fusione risaliva agli Elfi. E andavano risolti problemi aziendali e umani, con profili e percorsi artistici molto differenti”.
Facciamo un passo indietro: come nasce il progetto?
“Dalle gravissime difficoltà economiche di Grock a causa di una mal gestione aziendale di cui si accorgono troppo tardi, nonostante la scuola continuasse a lavorare molto bene e il pubblico li seguisse al Leonardo. A quel punto ci hanno chiesto una mano e soprattutto Gaetano Callegaro è stato lungimirante nel coglierne il potenziale, cosa che ci ha spinto a optare per un affitto di ramo d’azienda, accollandoci i debiti con il personale”.
Inizio faticoso.
“Sì. Da una parte c’era da smussare le differenze mantenendo la specificità di ognuno. Dall’altra creare un preciso progetto culturale. A livello aziendale è andata subito molto bene. La scuola di Grock ad esempio ha sempre macinato grandi numeri e con un po’ di oculatezza si è confermata in trend positivo. L’identità è stata invece più complicata da costruire, figurarsi con un pool di direttori artistici. Ma anche questo aspetto inizia ad essere letto come una nostra caratteristica positiva”.
Lei diventa presidente della fondazione nel 2017.
“Forse avendo alle spalle un percorso organizzativo, sono riuscita a portare un po’ di ordine e di sintesi senza rincorrere progetti artistici velleitari. O almeno ho cercato di muovermi sempre in quella direzione, per garantire la sostenibilità”.
Quando è cambiato qualcosa?
“Ne ho avuto percezione durante il covid. C’è stata grande compattezza nel gruppo, siamo rimasti uniti. Mi riempie però di gioia vedere anche le nostre feste, i ragazzi giovani, le due ‘comunità’ che finalmente si uniscono”.
Come vi collocate nel sistema teatrale milanese?
“Siamo il quarto polo teatrale come grandezza. E l’immagine di Mtm è ora quella di un posto aperto, accogliente, dove succedono cose. Non mi sembra male. Di contro l’istituzione fatica ancora a capirci, al di là di riconoscerci una certa dinamicità. C’è poi il tema degli spazi”.
Costosi?
“Decisamente. Il canone del Leonardo è più che raddoppiato, il Litta è un teatro del Seicento che ha bisogno di manutenzione straordinaria. Bisognerebbe fare un’ampia riflessione”.
Parliamo della stagione.
"Alcune riprese, qualche chicca, l’impegno produttivo a febbraio per il ‘Romeo e Giulietta’ al Leonardo con la regia di Antonio Syxty, che per noi è sempre una sicurezza. Ma stiamo lavorando molto bene anche con Stefano Cordella, che avrà un debutto nel 2025 dopo il successo de ‘Le notti bianche’, quest’anno di nuovo in scena a gennaio”.
Un desiderio?
“Aprirci ancora di più all’esterno. E avere sempre più ragazzi intorno”.