ANDREA SPINELLI
Cultura e Spettacoli

Måneskin alla conquista di San Siro: "Cari fan, mai stare zitti e buoni"

Dall’Olimpico al Meazza, stadi sold out. "Tutti ci guardano da sempre come mostri, questo ci dà la carica"

Maneskin

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“Scusate, anche i migliori sbagliano…”. Dopo due anni sulla cresta dell’onda non è sempre facile essere un Måneskin. E incappare un qualche in qualche piccola défaillance come dimenticarsi le parole di “I wanna be your slave” sul palco dell’Olimpico di Roma può far parte dei possibili incidenti di percorso. Ma la favola che la band capitolina porta domani e martedì sul palco di San Siro, ultimo totem del live italiano ancora da conquistare, è talmente esaltante da andare oltre le tossine accumulate da un’avventura planetaria a ritmi impossibili che non sembra avere fine.

Se gli stadi erano il sogno della vita, a Damiano, Victoria De Angelis, Thomas Raggi ed Ethan Torchio sono bastati 28 mesi dal Sanremo di “Zitti e buoni” per impossessarsene, giovedì e venerdì scorsi, proprio davanti al pubblico di casa. Ora per il quartetto di “Rush!” è la volta del “Meazza” a conclusione di un tour de force che li ha visti passare in questi ultimi mesi da megafestival europei come l’inglese Glastonbury o l’iberico Primavera Sound a quella sancta sanctorun del pop e del rock londinese che è la O2 Arena. Dall’ultima fatica discografica “Rush!” affiorano tredici canzoni, mentre dal predecessore “Teatro d’Ira vol. 1” sette, ma non mancano il trubuto a Paolo Nutini di “Iron sky” e quello, inevitabile, ai Four Seasons di quella “Beggin’” che nel 2017 ha regalato a Victoria & Co. la grande visibilità davanti alle telecamere di “X-Factor” e gli ha spalancato i cancelli del mercato americano.

Vero che mancano di un linguaggio originale, ma il loro pescare un po’ ovunque, soprattutto nel glam e nell’hard rock anni ’70-80, offre modo ai Måneskin di agganciare una generazione smaniosa di sfamarsi proprio di quegli stereotipi. "Ricordo che anche quando suonavamo per strada o alle feste scolastiche, tutti ci guardavano sempre come dei mostri", racconta la De Angelis. "Questo ci ha dato ancora più lo stimolo di volergli dire di stare zitti (e buoni). Crescere ed essere ispirati da molti artisti degli anni ‘70, in particolare da quelli dell’ondata glam, ci ha messo davanti agli occhi qualcosa che fino a quel momento non avevamo visto".